Continua con questo lunedì, e andrà avanti per tutti i lunedì successivi, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato alle Botteghe Storiche e ai Locali di Tradizione della nostra città. Vogliamo raccontare, di volta in volta, quelle che sono le perle del nostro tessuto commerciale, e che ci fanno davvero sentire orgogliosi di appartenere a questa città. Buon viaggio insieme a noi!
Misto Gallese, Curentino e Hot Dog: non sono semplici nomi scritti sul menù, ma piccoli simboli di un locale che, da settantasette anni almeno, ha fatto della leggerezza, della tradizione e dell’ironia il suo marchio di fabbrica. Il Baretto Gallese è, infatti, dal 1948 punto di ritrovo amato da studenti, lavoratori turisti in cerca di un panino veloce ma mai banale. E da poco, a quel bancone che ha fatto scuola, si è affiancata una nuova avventura: la seconda sede in viale Brigata Bisagno 18, che raddoppia lo spazio senza perdere l’anima.
La storia del loale comincia nel 1948, quando l’Italia usciva da una guerra devastante e Genova stava lentamente ricostruendo la sua identità. “Nato come osteria e rivendita di vino, il locale apparteneva a uno zio di mio papà – racconta Luigi Gallese, il titolare –. Mio padre, che viveva in Piemonte, si trasferì a Genova per aiutarlo: il figlio dello zio era partito militare e serviva qualcuno che lo sostituisse. All’inizio doveva essere solo un appoggio temporaneo, ma poi gli piacque il lavoro, l’ambiente, il modo di fare. Rimase, si appassionò e alla fine, quando lo zio si ritirò, prese lui in mano il locale, insieme a suo fratello che dal Piemonte lo raggiunse a Genova”.

All’epoca l’attività ruotava soprattutto intorno al vino: arrivava dalle colline piemontesi, veniva imbottigliato in loco e poi distribuito in città. Negli anni Cinquanta e Sessanta, però, i clienti cominciarono a chiedere anche qualcosa da mangiare: così, accanto al vino, fecero la comparsa i primi panini, dando avvio a un percorso che avrebbe cambiato la storia del locale.
“Fino agli anni Sessanta la vendita del vino restava importante, ma piano piano è stata accantonata. Si decise di puntare tutto sui panini. Siamo stati tra i primi a Genova a farlo: non parliamo di due o tre combinazioni, ma di una varietà crescente. All’inizio c’erano i grandi classici – prosciutto cotto, salame, burro e acciughe, salsa verde – perché la disponibilità economica era limitata e il panino era il pasto più semplice ed economico. Poi, aggiungendo verdure piemontesi, carciofi e funghi, nacque quello che sarebbe diventato il nostro panino simbolo: il panino misto”.
La vera esplosione arrivò a metà degli anni Settanta con l’hot dog, specialità che ancora oggi resiste. “Fu un giornalista a suggerire a mio padre questa novità. Lui si informò, trovò la macchinetta per prepararli e da lì non ci siamo più fermati. L’hot dog è piaciuto a tutti, bambini, giovani, adulti, anziani. Ancora adesso, a distanza di decenni, resta uno dei panini più richiesti”.
Luigi è cresciuto nel locale: “Intorno al 1975-76, quando finivo la scuola, andavo a dare una mano. L’attività di rivendita del vino stava terminando e io partecipavo alle ultime fasi. Più crescevo, più mi sentivo legato a quel mondo. Così scelsi la scuola alberghiera: volevo fare il lavoro di mio papà. Dopo il diploma ho fatto varie esperienze, poi il servizio militare in Marina e infine, dal 1987, sono entrato stabilmente in pianta fissa. Da allora non ho più lasciato il locale”.

Via San Vincenzo, però, non è più la stessa. “La zona è cambiata molto. Un tempo c’erano la sede Telecom e le scuole. Intorno a quelle realtà ruotavano migliaia di persone: non solo chi ci lavorava o studiava, ma anche le famiglie, i fidanzati, i genitori. Era un indotto enorme che teneva viva la via. Quando quelle presenze sono venute a mancare, il quartiere ha sofferto tantissimo e non si è più ripreso. Anche il centro, svuotato dagli uffici trasferiti in periferia, ha perso vitalità”.
Poi è arrivato il Covid, che ha segnato una frattura netta: “La bellezza del nostro posto era mangiare in piedi, uno accanto all’altro, condividere un momento veloce ma conviviale. Con le restrizioni tutto questo è venuto meno e le abitudini sono cambiate. Ancora oggi c’è chi, vedendo troppa gente, preferisce tirare dritto. È entrato dentro di noi un timore che non si è mai del tutto dissolto”.
La squadra che anima il Baratto Gallese è affiatata e stabile: con il titolare ci sono il socio Maurizio Gatti, entrato nel 2001, e due collaboratori storici, Manuel Boschi (dal 2008) e Fabrizio Cioffi (dal 2010). “Abbiamo sempre avuto dipendenti di lungo corso. Mio padre aveva un collaboratore che iniziò con lui nel 1962 e rimase fino al 2001, quando mio padre andò in pensione. Un altro è entrato nel 1979 e ha lavorato con noi fino al 2020, passando praticamente tutta la vita qui. Non abbiamo mai avuto un ricambio continuo, perché quando trovi le persone giuste cerchi di tenerle”.

Nel 2020 è nato anche un secondo locale, in viale Brigata Bisagno 18, aperto in un momento sfortunato: “Ho sempre avuto l’ambizione di allargarmi e ho trovato l’occasione. Ma quando ho preso il locale è arrivata la pandemia. L’ho inaugurato il 23 giugno, con mille restrizioni, senza possibilità di fare una vera inaugurazione. Per due anni e mezzo è stata durissima, ma oggi sta trovando il suo equilibrio. Qui, accanto ai panini, abbiamo inserito anche piatti e insalate: la gente vuole sedersi, stare più comoda, avere alternative”.
La concorrenza, in una via piena di bar, focaccerie e caffetterie, è alta. Ma per il gestore non è solo un ostacolo: “Ogni albero fa la sua ombra. Ognuno porta la sua clientela e alla fine il movimento giova a tutti. Certo, i giovani oggi hanno gusti diversi, spesso scelgono sushi o pokè, ma noi ci rivolgiamo soprattutto a chi ama le tradizioni e cerca un panino fatto come una volta. E sono ancora tanti”.
Il futuro? “Per me il Baretto è l’aria che respiro, vivo più qui che a casa. Non penso di aprire altri locali: preferisco curare questo, renderlo sempre migliore, arricchire l’offerta senza snaturarlo. Se la salute mi reggerà, ci sarò ancora per molti anni. I figli hanno preso altre strade e va bene così: io continuo a portare avanti una storia che dura da tre generazioni e che ormai è parte della città”.
Ce ne andiamo con una domanda: Misto Gallese, Curentino o Hot Dog? “Il Misto, senza dubbio. Ha un sapore unico, con le verdure piemontesi che ricordano le nostre origini. Ma la verità è che mi piacciono tutti: dalla carne cruda piemontese al lardo con pecorino e cipolle caramellate. Non posso proprio scegliere”.






















