Una domanda, più che una risposta a quelle dei cronisti. Eppure dentro quella domanda “Quando facciamo una struttura come la diga, lo consideriamo un aiuto di Stato?” c’è tutto il senso del ragionamento di Marco Bucci. Il presidente della Regione Liguria, intervenuto al convegno ‘Mare, logistica, underwater, al centro del mercato c’è la Liguria’ organizzato dalla Uilm a Genova, ha scelto proprio la grande opera del porto come esempio per tornare su un tema che da settimane anima il dibattito politico e industriale: quello del sostegno pubblico alla cantieristica navale.
Un fronte su cui si era già espresso il viceministro Edoardo Rixi, e che Bucci ha rilanciato con forza, legando la questione alla competitività dell’Europa intera.
“Negli altri continenti - ha detto il presidente - lo Stato aiuta questo tipo di industria. Se non lo facciamo anche noi, siamo penalizzati. Dobbiamo uniformare la situazione, non possiamo essere svantaggiati”.
Bucci ha parlato di “una grossa sfida” per il futuro, sottolineando come la blue economy non sia solo una promessa, ma una realtà che affonda le radici nel passato di Genova e della Liguria: “È stata il passato della regione e della città per più di mille anni, è il presente e sarà anche il futuro”.
Secondo Bucci, parlare di sostegni pubblici non significa alterare il mercato, ma accompagnare lo sviluppo: “Le sovvenzioni sono una cosa accettabile se inquadrate in un contesto di coerenza e crescita. Quando con la diga permettiamo l’ingresso delle grandi navi, non è forse un aiuto di Stato?”.
Il presidente ha poi insistito sul ruolo del pubblico come innesco dell’iniziativa privata: “Lo Stato e il pubblico fanno le infrastrutture, dopodiché il privato investe sulla base di quello che è stato fatto. Un euro di denaro pubblico genera da due a tre euro di investimenti privati. Sono d’accordo con il viceministro Rixi: dobbiamo essere competitivi”.
Sempre a margine del convegno di Uilm, Bucci è tornato a parlare anche del futuro delle aree ex Ilva (leggi il nostro speciale cliccando QUI) di Cornigliano: “Non possiamo dire niente, certamente è mia abitudine preparare anche piani B e piani C. Abbiamo parecchie strade aperte. Ho detto che Genova ha la possibilità di giocare un ruolo primario, che vuol dire investimenti, posto di lavoro, ricaduta del territorio e dare all’Italia l’acciaio di cui ha bisogno”.
All'incontro ha preso parte anche il vicesindaco di Genova, Alessandro Terrile: “Non possiamo vivere di solo passato, ma per vivere di futuro servono azioni che anche gli enti locali, Regione e Governo hanno messo in atto. Ricordiamo il 2011 con il rischio della chiusura dei cantieri di Sestri Ponente e come la città ha reagito. Ci sembrano lontanissimi perché Fincantieri ha cambiato piano industriale, ha colto l’occasione del mercato, ha diversificato con la subacquea e il nucleare, che può essere settore di innovazione, e perché gli enti pubblici hanno creduto nella loro potenzialità, iniziando i lavori di questa grandissima infrastruttura. Il primo obiettivo degli enti locali è fare in modo che i lavori finiscano il prima possibile e che non interferiscano con i lavori, la seconda che è l’attenzione alle ricadute sociali. Genova non è al livello dei conflitti sociali che leggiamo da altre parti, ma c’è un tema che va affrontato con buonsenso, concretezza, con l’idea che il cantiere dà ricchezza non solo ai dipendenti, ma anche alla catena dell’indotto”.
Terrile ha poi spostato l'attenzione sulle aree ex Ilva: “La specificità di Genova è che attorno ai player dell’attività navale c’è un settore di imprese fondamentali nell’ecosistema dell’industria, che danno numeri importanti dal punto di vista dello sviluppo economico, dell’occupazione e della qualità del salario. Il Comune è orgogliosamente al fianco dell’industria e di Fincantieri per ribadire, insieme agli altri enti locali, che le aree industriali devono rimanere industriali per il rilancio del mercato della costruzione e anche dell’acciaio, che ci auguriamo sia costruito in Italia. Che sia costruito a Taranto e lavorato a Genova, o costruito a Genova, non dipende da noi ma lo guardiamo con attenzione e con un auspicio: l’Italia non può rinunciare alla produzione siderurgica. Le aree di Cornigliano dovranno essere a disposizione della siderurgia e la modalità con cui si interfacceranno con Taranto dipenderà dalla discussione a livello governativo, con gli enti locali di Taranto e con gli investitori. Per modificare la lavorazione a Genova serviranno grandi investimenti e ci auguriamo che il nodo si sciolga, perché tanti degli obiettivi dell’industria navale dipendono anche da scelte di questo tipo. Ogni investimento ha bisogno di acciaio ed è impensabile che l’Italia rinunci a questa filiera”.