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Gen Z - il mondo dei giovani | 06 luglio 2025, 09:30

Gen Z - Il mondo dei giovani - Laureandi o maturandi? Il significato che perdiamo dietro una corona

Dai reel ai riti svuotati: con l'alloro in testa, il rischio è confondere le tappe e perdere il senso del percorso

Gen Z - Il mondo dei giovani - Laureandi o maturandi? Il significato che perdiamo dietro una corona

Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.

C’era un tempo in cui la corona d’alloro era il simbolo per eccellenza della laurea, un traguardo importante, atteso e sudato. Oggi, però, qualcosa è cambiato: da qualche anno, sui social – TikTok in primis – è esplosa la tendenza dei maturandi che si fanno incoronare come se avessero appena concluso un ciclo universitario. Scene di festeggiamenti, shooting fotografici, reel con tanto di “sventolamento” del diploma e la classica corona in testa, verde brillante.

Ma cosa significa davvero tutto questo? Siamo sicuri che fare tutto come se fosse già tutto sia un modo giusto di vivere i momenti importanti della vita?

La corona d’alloro, da sempre simbolo di conoscenza e di riconoscimento, perde parte del suo valore quando viene usata in modo indistinto. È come se, nel bisogno di festeggiare tutto, finissimo per non festeggiare niente davvero. Un simbolo ha senso solo se porta con sé un significato preciso, altrimenti diventa un accessorio tra tanti. La maturità, per quanto importante, non è un traguardo individuale o specialistico: è un passaggio obbligato, che tutti più o meno devono attraversare. La laurea, invece, è una scelta, spesso anche un sacrificio.

Certo, non c’è nulla di male nel voler rendere speciale il proprio ultimo giorno di scuola, ma forse si potrebbe trovare un modo più coerente. Una corona di fiori, ad esempio, può mantenere un tono festoso e cerimoniale, senza imitare un simbolo che non appartiene ancora a quella fase della vita.

Sui social, però, tutto tende a omologarsi. L’estetica ha preso il posto del significato, e spesso l’apparenza di un traguardo conta più del traguardo stesso. Tutti vogliono la foto perfetta, il contenuto virale, il reel emozionante. E così anche i segni distintivi della crescita e dell’impegno finiscono per essere risucchiati in una narrazione fittizia, dove tutto è evento, tutto è celebrazione, tutto è performance.

Ma c’è un rischio, silenzioso ma reale: svuotare i riti del loro valore simbolico, renderli intercambiabili, plastificati. Se a diciotto anni ti incoroni come un laureato, cosa farai a ventiquattro? Cosa resterà da festeggiare, se hai già bruciato ogni gesto, ogni simbolo, ogni tappa?

Difendere la corona d’alloro come simbolo universitario non è snobismo, ma attenzione. Non tutto è per tutti, non subito, e non è una mancanza: è un percorso. Aspettare, vivere una fase alla volta, può sembrare noioso nell’era della velocità, ma è l’unico modo per dare davvero valore a ciò che si raggiunge.

Forse è proprio questa la riflessione da fare. Che crescere non significa fare finta di essere già grandi, ma imparare ad aspettare, riconoscere ogni tappa, distinguere

ciò che è importante da ciò che è solo fotogenico. Perché in fondo, la vera maturità – quella che conta – non si misura in corone. Ma in consapevolezza.

Martina Colladon

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