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Attualità | 02 ottobre 2025, 08:00

Allarme degrado nel centro storico, la parola a chi vive alla Maddalena: “È peggiorato tutto, serve salvare la comunità”

Tra bande, risse e negozi chiusi, Andrea Piccardo denuncia la situazione e propone una strategia per ridare protagonismo ai residenti: “Dobbiamo tornare a essere fonte di disturbo per chi delinque”

Allarme degrado nel centro storico, la parola a chi vive alla Maddalena: “È peggiorato tutto, serve salvare la comunità”

Spaccio, consumo di droghe, prostituzione, degrado: i problemi del centro storico sono al centro delle cronache cittadine da mesi. Alcune aree sono inevitabilmente più colpite di altre, e il sopralluogo della sindaca Salis nella zona di Prè e del Ghetto ne è stata l’ennesima conferma. Abbiamo fatto il punto della situazione con Andrea Piccardo, residente, commerciante e anima di via della Maddalena, ed ex promotore del Patto per lo sviluppo della Maddalena

Non è un problema recente, ma un deterioramento lento e costante - spiega -. Negli anni passati avevamo avviato un vero progetto di comunità, basato sulla presenza stabile delle persone, non su interventi sporadici calati dall’alto. Comunità significa restare, creare continuità, generare legami duraturi. Questo era ciò che avevamo realizzato con il ‘Patto per lo sviluppo della Maddalena’, un progetto che ha funzionato così bene da resistere anche nei primi anni della giunta Doria”.

Dopo poco, però, qualcosa ha iniziato ad andare storto: “Già al quarto anno - racconta - avevo avvisato le associazioni: lo slancio stava diminuendo e si stava tornando indietro. Quando Marco Bucci è diventato sindaco, ha spinto sulla strategia dei "mega pattuglioni”, pattuglie composte da venti agenti che giravano per il centro storico, si è ottenuta una conseguenza: lo spaccio gestito dalle bande nigeriane, marocchine, senegalesi e ivoriane è stato spinto e costretto a spostarsi da Sottoripa verso l'area di San Luca. Questo spostamento non va sottovalutato. Quando la pressione su San Luca è diventata insostenibile, gli stessi pattuglioni hanno indirettamente spinto l'intera attività dentro il quartiere della Maddalena. La tensione, per i residenti e i commercianti, era evidente, ma non era percepita dalle forze dell’ordine. Quella pressione si è manifestata in diversi episodi nel quartiere, culminando nell'episodio della freccia in piazzetta De Franchi. Ma non fu un caso isolato: in quel periodo c'erano risse continue, accoltellamenti e atti vandalici. La mia vetrina è stata spaccata due volte, così come quelle di molti altri”.

Questi non sono semplici atti di criminalità, sono movimenti urbani che riflettono movimenti sociali: “Ignorare questi fenomeni significa non avere alcuna percezione del territorio che si è chiamati a governare. In questo senso, e mi dispiace dirlo, la sindaca Salis sbaglia. Ha ragione quando dice di avere le "armi spuntate" in questo momento, ma delle cose possono e devono essere fatte, a partire dalla corretta percezione della realtà. Tutte le bande locali che prima erano compresse sulla Maddalena, non appena è cambiato il governo, sono rispuntate fuori e si sono espanse su tutte le aree più esterne del centro storico, come via Rubattino. C'è stata una vera e propria esplosione di queste figure, favorita anche dal fatto che i sottoposti delle famiglie mafiose si sentono molto più liberi di agire come meglio credono”. 

Quando lavoravamo al Patto per lo Sviluppo della Maddalena - continua a spiegare -  una delle prime cose che notammo era che ogni volta che organizzavamo una festa o un'iniziativa, immediatamente, a schiocco di dita, arrivava una banda a rompere le scatole, a litigare, urlare, e distruggere l'armonia. Quella era la prassi, perché eravamo una fonte di disturbo per loro. Perché questi episodi non sono più successi negli ultimi otto anni, durante le iniziative legate ai "patti di sussidiarietà"? Perché questi patti non hanno mai puntato a disturbare questa gente. Sono serviti unicamente a distrarre l'attenzione dei partecipanti. Questo atteggiamento di distrazione è sbagliato: dobbiamo, invece, essere dentro le cose, restare vicini a queste situazioni, anche a rischio di affrontare momenti complicati, ma che sono parte integrante dell'umanità del quartiere”.

La sicurezza passa anche dall'avere figure che consentano di leggere il territorio, ascoltare i residenti, coinvolgere i commercianti: “in questo momento non è possibile, ma deve essere il nostro obiettivo: arrivare al punto in cui un bambino di 6-7 anni possa camminare da solo da casa alla latteria e ritorno senza problemi”.

Un ulteriore problema è l’abbandono di tante attività:  “Il commercio è morto, in parte anche a causa dei 'Bonus caruggi'. Questo bando è copiato da quello che scrivemmo nel nostro Patto per lo Sviluppo della Maddalena, ma è stato allargato a tutto il Centro Storico, invece di essere perimetrato sulla sola Maddalena. Il risultato è che molte attività, che prima finanziavamo per stare in zone meno battute hanno preferito spostarsi dove c'era più flusso. Se un commerciante riceve soldi per restare in un'area senza gente, perché dovrebbe farlo quando può spostarsi dove il commercio è più vivo? Oggi, San Luca è ancora una via di passaggio e commerciale; via della Maddalena non lo è più. La maggior parte degli spazi commerciali da Maddalena a Vigne sono stati concessi a cooperative che ci hanno insediato uffici. Un ufficio, tuttavia, non genera flusso e questo è un errore strategico che dimostra una mancanza di visione globale sulla città”.

La nostra priorità deve essere far tornare abitanti e commercianti - conclude Piccardo -. Dobbiamo superare le sovrastrutture ideologiche (ad esempio, sul tema della prostituzione) che ci sono state insegnate perché non si voleva affrontare il problema. Dobbiamo smetterla di pensare che il centro storico sia 'lo schifo della città'. Siamo una comunità composta da persone di qualità. Una delle prostitute che lavora qui ha rimesso i fiori nel vaso di Peppino Impastato, dopo aver studiato chi fosse, dimostra più qualità umana della stragrande maggioranza degli abitanti che ignorano il degrado da anni. Dobbiamo puntare a questa nuova percezione dell'esistente e lavorare con la nuova comunità che è emersa, fatta anche di queste ragazze e nuovi residenti”.
 

Chiara Orsetti

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