Un’altra serata da dimenticare per la Sampdoria. L’illusione di un possibile rilancio, accesa dal 4-1 rifilato al Pescara due settimane fa, si è dissolta in novanta minuti di confusione, apatia e imbarazzo. Al “Sannazzari” di Chiavari, l’Entella travolge i blucerchiati 3-1 con le firme di Debenedetti, Franzoni e Tiritiello, infliggendo una lezione durissima a una squadra ormai priva di ogni bussola tecnica e mentale.
La Sampdoria esce dal campo a testa bassa, sotto i fischi di una tifoseria stremata, che da mesi assiste impotente a un lento e inesorabile declino. La contestazione, ormai costante, non risparmia nessuno: né i giocatori, né l’allenatore Massimo Donati, né — soprattutto — una società che continua a mostrare tutte le sue fragilità strutturali.
Il tecnico, travolto dalle critiche, non ha parlato dopo la partita: silenzio stampa per tutti, come se il silenzio potesse nascondere una crisi ormai palese. Ma la verità è che Donati sembra avere le ore contate. L’esonero è più che probabile, e a questo punto resta solo da capire chi avrà davvero il potere di decidere.
Già, perché in casa Samp regna la confusione più totale. Da una parte il cosiddetto “mister algoritmo” Jesper Fredberg, CEO dell’area sportiva, con il placet del rappresentante degli azionisti Nathan Walker; dall’altra il direttore sportivo Andrea Mancini, che pare sempre più emarginato dalle scelte operative. Una struttura dirigenziale frammentata, senza una guida chiara, dove ogni decisione sembra il frutto di compromessi e contraddizioni.
Per la successione di Donati il nome più caldo è quello di Salvatore Foti, vicino ai blucerchiati già in estate, con la possibile collaborazione di Attilio Lombardo, pronto a tornare dopo la parte finale della stagione scorsa. Ma al momento tutto resta nel limbo, in perfetto stile Sampdoria di oggi: confusione sul campo e caos fuori dal campo.
Intanto, la squadra affonda e nessuno mette la faccia. Nessun dirigente si è presentato davanti ai microfoni, nessuna parola di scuse o di spiegazione ai tifosi che, ancora una volta, si sentono traditi e umiliati. Un silenzio assordante, simbolo di una società che ha perso non solo la rotta, ma anche il rispetto per la propria storia e per la gente che la sostiene.
E finché chi comanda continuerà a nascondersi dietro ai numeri e alle decisioni calate dall’alto, il rischio è che il buio diventi sempre più profondo.














