Undici punti in cinque partite cruciali, scontri diretti da “vietato sbagliare ancora” dopo un avvio di stagione in cui le chance buttate al vento erano state troppe. Una media di circa due gol segnati a gara conferma come, nonostante una fase difensiva ancora migliorabile, l’attacco non sia un vero e insormontabile problema.
A un anno di distanza, è stato ancora una volta il cambio in panchina a ribaltare l’andamento di una stagione cominciata zoppicando. Il passaggio da Patrick Vieira a Daniele De Rossi ha riportato ordine e concretezza, trasformando il “vorrei ma non posso” delle prime giornate in prove di grande solidità, in un copione simile a quello già visto dodici mesi fa, con un’altra inversione di rotta decisiva.
Includendo l’interregno di Murgita e Criscito – coinciso con la prima vittoria stagionale dei rossoblù – il Vecchio Balordo ha scalato la classifica: dall’ultimo posto alla nona giornata all’attuale quattordicesima posizione, nel pieno del gruppone che lotta per la salvezza, a +4 dal Pisa terzultimo. Un piazzamento costruito grazie a due vittorie e due pareggi, numeri che certificano un Genoa tra le squadre più in forma del momento. E lo certificano i numeri, come sempre nello sport punta di un iceberg ben più profondo.
Sotto la superficie c'è il lavoro della quotidianità, fatto di contenuti tattici chiari e di uno spartito che ha permesso alla squadra di ritrovare il bandolo della matassa. Nonostante gli stessi numeri, quelli delle analisi su cui spesso – forse anche troppo – si basa il calcio moderno disegnassero un Genoa che finora aveva raccolto decisamente meno di quanto prodotto. Aspetto sottolineato dallo stesso De Rossi al termine della sfida di Udine, emblematica per il momento di Vasquez e compagni per com’è arrivata e per cosa ha portato, senza prendersi tutti i meriti per i punti da lui messi in saccoccia in queste partite rimarcando le doti umane di chi ha costruito il gruppo.
Eppure qualche merito al tecnico romano va, eccome. Arrivato con l’umiltà di chi vuole davvero rimettersi in gioco, con parole sempre dal cuore ma al contempo mirate e misurate, ha prima di tutto ridato un senso di compattezza e aggressività a un Grifone sempre attaccato alla partita. E lo ha fatto con scelte semplici ma decisive, quel “buonsenso” che non vuole mancare di rispetto a chi lo ha preceduto ma che ha rimesso ciascun giocatore al posto giusto.
Il gol di Norton-Cuffy il tecnico l’ha definito una scopiazzatura delle idee di Gasperini, a guardare le scelte fatte finora però si potrebbe far appello a un altro grande ex allenatore genoano, quell'Osvaldo Bagnoli per il quale è giusto che “il terzino faccia il terzino”. Insomma, ognuno al suo posto. E così ha fatto De Rossi: Vasquez riportato a fare il braccetto a sinistra con Ostigard centrale, il già citato inglese con Martin a fare i quinti, in mezzo Frendrup a recuperare palloni con Malinovskyi libero di svariare legando i reparti e Thorsby a dare fisicità e capacità d’inserimento. E poi davanti: se il peso dell’attacco sembrava troppo per Colombo, è bastato affiancargli un Vitinha fino a quel momento dirottato sempre sull’esterno per far alzare l’asticella delle prestazioni ad entrambi.
Un undici rodato, modificato pesantemente solo a Bergamo in Coppa Italia contro l’Atalanta, con piccole variazioni mirate gestite per lo più a gara in corso. Risultati alla mano, il lavoro sta pagando. Dalla prossima giornata il livello delle avversarie tornerà ad alzarsi fino alla chiusura del girone d’andata con l’ennesimo scontro diretto contro il Pisa. Ma il Genoa, con la “cura De Rossi”, sembra finalmente tornato capace di graffiare.














