La fiamma del Confeugo si alza dritta verso il cielo di piazza De Ferrari, segno di buon auspicio secondo la tradizione. È il cuore simbolico di una giornata che ha unito storia, identità e attualità, riportando Genova a guardarsi allo specchio attraverso uno dei suoi riti più antichi. Dal corteo storico partito da piazza Caricamento al falò del cippo di alloro, fino alla cerimonia solenne a Palazzo Ducale, il Confeugo si conferma un momento centrale della vita cittadina.
Ad aprire ufficialmente la cerimonia è stato lo scambio di saluti in genovese tra la sindaca Silvia Salis e l’Abate del Popolo, interpretato dal presidente dell’associazione A Compagna Franco Bampi: “Ben trovâ madònna ra Duxessa” e “Benvegnou messe l’Abbou”. Parole antiche che hanno dato il via a una festa popolare partecipata e sentita, culminata nel tradizionale falò del cippo di alloro, acceso al rintocco del Campanon de Päxo.
La sindaca Salis ha scelto di onorare la tradizione parlando in genovese e ribadendo il valore profondo del rito: “È un momento in cui Genova osserva sé stessa e la sua storia, guarda negli occhi chi amministra, fa il punto della situazione senza giri di parole, con franchezza e senso di appartenenza”. Un passaggio che lega passato e presente, memoria e responsabilità.
Nel suo intervento, la prima cittadina ha guardato al futuro partendo dalle radici: “Investiamo sulle nuove generazioni, che sono la risorsa più preziosa che abbiamo, ma senza uno sguardo attento al passato glorioso della nostra città e alle sue tradizioni non c’è modo di costruire un avvenire all’altezza di ciò che è stato”. Poi la risposta ai “mogogni”, le lamentele rituali affidate all’Abate del Popolo: “Ogni giorno lavoriamo per rendere la città più pulita. Il decoro è responsabilità di chi amministra, ma anche un impegno collettivo fatto di educazione e rispetto per gli spazi pubblici”. E ancora: “A Genova nessuno deve rimanere indietro: centro storico, sicurezza, politiche sociali, assistenza e inclusione saranno al centro del nostro impegno, insieme alle manutenzioni che incidono sulla vita quotidiana di cittadini e cittadine”.
La giornata è iniziata in mattinata da piazza Caricamento, con il corteo guidato dall’Abate del Popolo, accompagnato dagli sbandieratori dei sestieri di Lavagna, dai gruppi storici e dal carro con il cippo di alloro trainato dai cavalli bardati dei Carratê. Attraverso le vie del centro, con una sosta in piazza San Lorenzo per le esibizioni degli sbandieratori, il corteo ha raggiunto piazza De Ferrari, dove il Gruppo Folcloristico Città di Genova ha accolto l’arrivo con uno spettacolo introduttivo. Qui, dopo il rituale scambio di saluti, l’offerta del Confeugo e l’accensione del falò: la fiamma dritta, segnale di buon auspicio per il 2026.
Il Confeugo si è poi spostato a Palazzo Ducale. Nella Sala del Maggior Consiglio, gremita di pubblico, sono arrivati i saluti istituzionali, a partire da quelli del presidente della Regione Liguria Marco Bucci, che ha affidato al rito un auspicio universale: “Che sia soprattutto un anno di pace: ognuno di noi può iniziare con le persone che ha vicino. Se tutti facessimo così, ci sarebbe la pace a livello mondiale, che è quello che vogliamo per il 2026”. Bucci ha poi ricordato il valore diffuso della tradizione: “È una cerimonia molto sentita a Genova e presente anche in altre città della Liguria, che risale ai tempi della Repubblica. I nostri auspici devono essere positivi per una crescita che continui a portare ricadute economiche e occupazionali sul territorio”. Con una nota personale: “Questo è anche il mio primo Natale da nonno”.
Il cintraco Marco Pépé ha quindi invitato l’Abate del Popolo a “sciorinare” i mogogni: rifiuti, persone senza dimora, semafori pedonali, verde pubblico, ma anche la necessità di intitolare più strade e spazi alle donne. Impegni raccolti dalla sindaca davanti alla città.
Nel corso della cerimonia, dopo la donazione del tradizionale “biglietto di cartulario”, il vicepresidente di A Compagna Maurizio Daccà ha consegnato alla sindaca “O tondo de Natale”, piatto artistico in ceramica dedicato quest’anno a Carlo Pescia, detto “Carlin”. Un omaggio a una figura simbolo della Genova tra Otto e Novecento, “re” della gastronomia cittadina, fervente mazziniano e mecenate che lasciò al Comune risorse fondamentali per il recupero di monumenti storici come Porta Soprana e i portici di Sottoripa.
A chiudere il pomeriggio, le “Pillole di storia di Genova” curate da Marco Federici del Gruppo Storico Balestrieri del Mandraccio, dedicate quest’anno al “Revival medievale nell’Ottocento”, e il momento musicale con il Coro della Montagna e il Gruppo Folcloristico Città di Genova. Tutti insieme, autorità e pubblico, hanno intonato Ma se ghe pensu, suggellando una cerimonia che ogni anno rinnova il legame profondo tra Genova e la sua storia.
Tra le autorità presenti, la prefetta Cinzia Torraco, i vicesindaci Alessandro Terrile e Simone Franceschi, il presidente del consiglio comunale Claudio Villa, assessori, consiglieri delegati e presidenti di Municipio. Segno di una città che, attorno al fuoco del Confeugo, si ritrova comunità e guarda al futuro partendo dalle sue radici.




















