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Attualità | 03 giugno 2019, 18:00

I "difensori dei bambini": a Genova i tutori dei minori non accompagnati

Ci sono Tina e Mohamed e Barbara e Kenan, ma anche tanti altri tutori di giovanissimi migranti minorenni giunti a Genova e in Liguria senza genitori. A formare l'importante figura del tutore è Defence for Children. Abbiamo raccolto due testimonianze

Gruppo di tutori di "Defence for Children" a Genova

Gruppo di tutori di "Defence for Children" a Genova

Dal pattugliatore della Marina Militare Cigala Fulgosi è sbarcato il 2 Giugno nel porto di Genova un centinaio di persone, tra cui 23 minori. Di questi, 11 sono non accompagnati e resteranno nel capoluogo ligure, necessitando di un tutore. Ed è Defence for Children, che ha la sede nazionale proprio qui, a formare questa figura volontaria, prevista nella Legge 47 del 2017 (Legge Zampa) in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.  

MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNI A GENOVA E IN LIGURIA

Gli 11 minorenni sbarcati a Calata Bettolo si aggiungeranno ai 195 già presenti in Liguria, di cui 159 nella provincia di Genova, 28 nella provincia di Savona, 6 nella provincia di Imperia e 2 nella provincia della Spezia (secondo il Report Mensile Minori Stranieri non Accompagnati pubblicato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Sistema Informativo Minori non accompagnati, al 30 aprile 2019). Ma a oggi i tutori volontari formati in Liguria sono 124 (cui si aggiungono i 18 partecipanti all’ultimo corso che si è tenuto a Genova a fine maggio 2019), quindi in numero inferiore rispetto a quello dei minorenni non accompagnati. Per quanto riguarda le tutele attive, invece, risultano 60 tutele volontarie sul territorio genovese, 9 sul territorio savonese e 6 sul territorio spezzino.

Il prossimo corso per tutori di Defence for Children si terrà a Genova dal 28 al 30 Giugno sulla chiatta di Dialogo nel Buio in Darsena.  

DEFENCE FOR CHILDREN: DIVENTARE TUTORE DI UN MINORE NON ACCOMPAGNATO

Defence for Children lavora in autonomia dalle istituzioni, attraverso i fondi e i progetti europei, come Elfo, che consentono di sostenere la formazione del tutore, che avviene attraverso il mandato del Garante dell’Infanzia regionale (Francesco Lalla in Liguria). Per diventare tutore, infatti, bisogna partecipare al bando del Garante, che ha delega per legge, mentre è il Tribunale dei Minori ad abbinare il tutore al minorenne. “Forse per la prima volta c’è una figura così forte: – spiega il presidente di Defence for Children, Pippo Costella - il tutore è un pubblico ufficiale nominato dal giudice, che stabilisce, rispetto a prima, quando c’erano l’istituzione e le agenzie di servizio, una geometria diversa nella relazione con i ragazzi. Il tutore non è un avvocato, ma rappresenta i diritti del minore nel suo superiore interesse”.

E quello che si sta cercando di fare è la sperimentazione di un modello integrato che si possa applicare in tutte le regioni: “L’idea è realizzare in Liguria un impianto istituzionale funzionante, che sia condiviso a livello nazionale e internazionale, perché la Legge 47 in Europa è la più avanzata dal punto di vista dell’applicazione delle convenzioni internazionali: in questo campo in Italia siamo per ora più avanti rispetto agli altri Paesi europei”.

Chiunque sia sensibile alla questione può partecipare al corso di formazione come tutore, che è una figura paragenitoriale, che non sostituisce il padre o la madre rimasti in patria, ma che impiega le competenze di cittadino per condurre il minorenne alla maggiore età. “Quello che conta è l’impegno di cittadinanza; ci sono tutori di ogni tipo – spiega Costella - dal professionista all’artigiano al pensionato, formati in modo da diventare non mini avvocati o mini assistenti sociali, ma persone che, vicino al minore, riuniscano le funzioni del sistema”, instaurando una relazione umana di fiducia e amicizia, in modo da creare un progetto di vita che abbia senso per il ragazzo o la ragazza, ma che sia anche sostenibile nel quadro di un sistema spesso disfunzionale. “È un’alleanza, formata anche con figure quali educatori e assistenti sociali e altri, che si stabilisce perché si affermi una logica fondata sui diritti”.

Insomma un percorso di cooperazione virtuosa reso possibile grazie anche alla formazione che il tutore acquisisce durante il corso, della durata di tre giorni, fondato sui diritti in senso ampio, e attraverso l’uso della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia, cui si aggiunge un team di formazione con competenze psicosociali, legali e antropologiche. I tutori si inseriscono, poi, in percorso di formazione permanente, con approfondimenti tematici, e un desk di appoggio che fornisce un sopporto tipo legale o psicologico. “Noi facciamo assistenza tecnica alle istituzioni perché funzionino, e di alleanza al tutore per affrontare le situazioni in cui si può trovare - conclude Costella – Ci sono tutori di ragazze vittime di tratta: li aiutiamo ad affrontare una situazione così delicata”.  

TINA RUSSO E MOHAMED: ESSERE TUTORE PER PENSARE AL BENE DELL’ALTRO

Tina Russo è un ex funzionario pubblico in pensione, ha un figlio di 32 anni, che vive fuori Genova, ed è tutrice di Mohamed. “Ho iniziato il percorso nel 2017 quando ho saputo casualmente del corso – racconta - ero andata da poco in pensione e a livello di volontariato mi occupavo già di migranti, ma ho avuto la spinta a fare qualcosa di diverso”. E da lì è nata quella che definisce l’”avventura” che dura dalla fine del 2017, quando Mohamed, che oggi ha 16 anni, è arrivato a Genova perché aveva bisogno delle cure dell’Ospedale Gaslini.

“Questi ragazzi sono adolescenti per età anagrafica, ma adulti per il tipo di esperienze di vita passate. Lui è della Costa d’Avorio e, come coloro che provengono dall’Africa subsahariana, ha attraversato il deserto affidandosi ai trafficanti e su un barcone è arrivato in Italia, stando prima prima in una comunità per minori a Benevento, poi venendo a Genova per le cure mediche”. Questo ha determinato la nascita di un rapporto molto stretto e forte con Tina: “Ha subito diversi interventi chirurgici, il che ha richiesto un’assistenza e una vicinanza maggiori rispetto a quanto accade normalmente, rafforzando il nostro legame”.

Legame che si consolida anche attraverso alle azioni di vita quotidiana – dall’andare a fare la spese insieme al saper usare una carta prepagata – fino alla scelta della scuola, perché il tutore decide di stare gratuitamente con questi ragazzi, stabilendo con loro un rapporto “più libero e meno vincolato da obblighi e doveri come accade, invece, per chi è a contatto con loro per lavoro”. Infatti Tina sente Mohamed quasi quotidianamente al telefono, e spesso lui va a pranzo da lei e conosce suo figlio.

Oggi Mohamed frequenta il primo anno all'Istituo Alberghiero Marco Polo e studia per diventare cuoco. Quello che è importante è “avere in testa qualcun altro: è un tempo mentale – spiega Tina - perché se si tratta di scegliere una scuola, o un permesso di soggiorno di un tipo piuttosto che di un altro, e si ha a che fare con le scelte per un’altra persona, si sente maggiormente la responsabilità. A volte è più facile scegliere per i propri figli: con un ragazzo africano non si può sbagliare e perdere tempo, a 18 anni sarà fuori dal programma, e deve uscirne con un percorso compiuto, con l’istruzione, un lavoro e una casa”. E per fare ciò quello che conta è l’empatia: “Serve una grande apertura verso l’altro. Anche noi impariamo da loro, e il resto si apprende strada facendo”.

(Tina e Mohamed)

BARBARA PASERO E KENAN: ESSERE TUTORE PER AIUTARE LE GENERAZIONI FUTURE

Barbara Pasero ha 49, è single, senza figli ed è titolare dell’agenzia di comunicazione che si occupa da dieci anni di Defence for Children. “Leggere i loro contenuti mi ha sensibilizzato e fatto capire che potevo essere utile anche senza un impegno quotidiano o abitativo; – spiega - mi piace l’idea di essere utile alla prossima generazione e per qualcuno che, come questi ragazzi, ha affrontando tante difficoltà”.

E sono state sicuramente moltissime quelle di Kenan, che ha 16 e che a 12 è arrivato dal Gambia sbarcando nel sud d'Italia. Sa ben quattro lingue, è intelligente e sportivo, ma il suo percorso prima di arrivare a Genova è stato estremamente travagliato e difficile: prima tre mesi in un lager libico, poi l’arrivo nel centro di accoglienza italiano, da dove è scappato, vivendo da solo per strada. Da lì è stato ritrovato a Roma e sistemato in un’altra comunità da dove, però, è ancora una volta fuggito, da solo, per giorni, fino poi a comparire in Liguria e arrivare a Genova.

“Mi ha raccontato del suo percorso da poco tempo, non lo sapeva nessuno”, spiega Barbara. E questo perché tra loro si è creato un rapporto di fiducia: “Non ero preoccupata da possibili barriere culturali o dall’idea di potermi trovare non bene con lui, ma temevo di non avere le risorse educative per accompagnarlo nell’adolescenza. Ma una volta rassicurata dalla squadra di Defence for Children e dal rapporto con gli educatori e l’assistente sociale, mi sono rilassata su quello che è il mio ruolo. Quello che devo fare è avere un buon rapporto con lui e aiutarlo a compiere il passo giusto per la sua vita”.

Ciò anche grazie al fatto che il corso da tutore di Defence for Children “ci ha formato all’ascolto e al rispetto della persona, a come accoglierla, pur sapendo che non avremmo avuto le risposte immediate ai problemi pratici, burocratici ed esistenziali che avremmo incontrato – continua Barbara – Ho apprezzato soprattutto la sensibilizzazione rispetto alle modalità: perché viene l’urgenza di risolvere i problemi in modo troppo operative per i ragazzi, che invece hanno bisogno di fiducia e di tempi diversi”.

E di comprensione di quelle che sono le loro esigenze, che spesso sono diverse da quelle degli altri ragazzi e genitori cresciuti in Italia: “Kenan è intelligente, ha una mente fertile e creativa, tanto che dipinge e ha anche fatto una mostra; per questo avrei desiderato che studiasse fino ai 18 anni, magari alla scuola di grafica, ma ha preferito un corso professionale come saldatore, ottenendo premi e riconoscimenti per impegno e puntualità: è molto contento, così in pochi mesi sarà proposto alle aziende per lavorare. Io avrei investito di più nella formazione – conclude Barbara – ma uno dei principi con cui ci hanno formato è mantenere il contatto con i suoi desideri e le su prospettive di vita, e Kenan ha urgenza di guadagnare denaro per emanciparsi”.

Dunque buona fortuna a Mohamed e Kenan e a tutti i minori non accompagni che sono giunti a Genova e nel resto d'Italia.

(Barbara e Kenan)

Medea Garrone

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