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Cultura | 26 ottobre 2019, 16:59

William Wall, lo scrittore irlandese con Camogli nel cuore

Il poeta e romanziere trascorre nel Borgo sei mesi all’anno e ne trae ispirazione per le sue opere. “Nel 2020 uscirà tradotto in Italia il mio primo libro. Amo questa terra, per me è come il Paradiso”

William Wall, lo scrittore irlandese con Camogli nel cuore

“Questo è un pezzo di Paradiso”. William Wall lo dice con ferma convinzione, mentre guarda il mare di fronte a Camogli, e i suoi occhi si perdono nel blu tra il porticciolo e Punta Chiappa. Persino ‘Pippo’, l’airone cinerino più amato del borgo, si leva in volo ed emette il suo bellissimo canto.

C’è poesia in ogni cosa, in queste case abbarbicate sul mare. E un poeta, qual è questo simpatico e ispiratissimo signore irlandese, non poteva non innamorarsene. William Wall, già insegnante di letteratura inglese nei licei e successivamente affermatosi come romanziere e verseggiatore, non solo nella sua patria ma in tutta la Gran Bretagna e ora anche in Italia, ha scelto la Riviera di Levante, in particolare il Golfo Paradiso, in particolare Camogli, come sua città adottiva, come luogo dove passare non soltanto le vacanze, bensì lunghissimi soggiorni.

Ha seguito, in questo, le orme di quei tanti artisti, letterati, architetti, fotografi e giornalisti che qui hanno messo le loro radici: Federico Rampini, Michael Frank, Piero Ottone, Renato Mannheimer, Gianni Berengo Gardin, Cinzia Leone, solo per citarne alcuni. E oggi, mentre nel nostro paese sta per arrivare, tradotto, il suo primo romanzo, William resta qui, lavora quotidianamente, scrive, scrive e scrive, perso davanti a questo mare, che è diventato - anche - il ‘suo’ mare. Lo incontro una domenica pomeriggio, in casa di amici comuni, a sorseggiare un fantastico sciroppo di sambuco e gustare dolcetti sardi alla mandorla.

“Mi sono stabilizzato qui da quattro anni, con mia moglie abbiamo comprato casa nel 2016, ma venivamo a Camogli già a partire dal 2009. Passiamo qui cinque o sei mesi all’anno. Di solito andiamo via quando arriva l’estate. Siamo irlandesi e non siamo abituati al vostro caldo”.


Come ha conosciuto la Liguria? E Camogli?

“Ero ‘fellow’ del Centro Studi di Bogliasco e, un giorno, siamo partiti in barca alla volta di San Fruttuoso. Appena passati davanti a Camogli, è stato amore a prima vista. Ho sempre sognato, con mia moglie, di venire a vivere in Italia, e a lungo abbiamo visitato i vari siti delle agenzie immobiliari. Ma questo porticciolo ci ha folgorato. È come quando ti viene l’ispirazione: basta una foto, una mezza frase colta al bar, un qualsiasi spunto. E ci posso costruire sopra un romanzo o una poesia, una storia insomma. Sulla ‘fotografia’ di Camogli ho costruito la mia vita”.


Cosa ha di speciale questo luogo per lei?

“Questo mare qui assomiglia all’Irlanda. Io sono nato tra montagna e mare, proprio come qui, con la terra che è ‘verticale’. Tant’è vero che mio padre faceva sia il contadino che il pescatore. Noi siamo di umili origini, ma i miei genitori ci hanno sempre tenuto tantissimo, che studiassi e che leggessi i libri. Certo, là stavamo sull’Oceano Atlantico, quindi una dimensione un po’ diversa, ma tanti tratti simili si trovano. A Camogli, nei primi anni, abbiamo preso un appartamento in affitto. Poi, man mano che i nostri soggiorni diventavano via via più lunghi, ci siamo decisi a comprare una casa”.


E la casa in Irlanda che fine ha fatto?

“Purtroppo quella dei miei genitori non esiste più. È andata distrutta qualche anno fa, a seguito di un’esplosione, di un incidente. Ora viviamo vicino alla città di Cork, a cinque minuti dal centro. È una cittadina tranquilla di circa trecentomila abitanti, si sta bene”.


Diceva che ha sempre letto e studiato. Quando ha iniziato a scrivere?

“Avevo dodici anni. Purtroppo mi presi la malattia di Still, una sorta di artrite reumatoide. Rimasi sei mesi in ospedale e, dopo, un anno a casa. Persi anche l’anno scolastico. Ma i miei genitori, una volta tornato a casa, mi inondarono di libri. E lì ho iniziato a pensare che avrei potuto scriverne uno anche io. Mi piacevano le avventure, ma scrissi pure moltissime poesie d’amore, per una ragazza immaginaria. Mia mamma raccolse tutto. Scrissi duecento poesie in tre anni e quasi venti racconti. Lei all’epoca mandò tutto a un affermato scrittore irlandese. Pensai che non avrebbe risposto mai. Invece rispose. E disse di andare avanti, che avevo talento. Ecco, più o meno è nato tutto così”.


Però ha anche insegnato a scuola.

“Per vent’anni ho insegnato letteratura inglese al Liceo. Poi, ho avuto successo con il mio primo romanzo pubblicato, e mi sono dedicato solo alla scrittura. Sia prosa che poesia, che racconti, che… sms! In vacanza non vado mai. Scrivo tutti i giorni, specialmente alla mattina. Per me la scrittura è come una ‘malattia’: vedo, sento, avverto qualcosa e lo devo subito mettere giù, non ne posso fare a meno. Mi aiuta anche il fatto che mia moglie Liz è una fotografa, quindi sono molto legato pure alla cultura dell’immagine (le foto di William Wall per questo articolo sono di Liz Kirwan)”.


È rimasto in contatto con i suoi ex studenti?

“Sì, con alcuni di loro ci scriviamo ancora. A uno in particolare sono molto legato. Gli dicevo sempre che avrebbe dovuto fare l’attore. Era molto portato per la recitazione. Ci avevo visto giusto: è Cillian Murphy, quello di ‘Ritorno a Cold Mountain’ e della ‘Trilogia del Cavaliere Oscuro’”.


Le piace raccontare l’Italia agli irlandesi e l’Irlanda agli italiani. I suoi incontri sono sempre molto seguiti.

“Cork è una città molto affascinata dall’Italia. Mi piace essere considerato un ‘ambasciatore’ della Liguria. Ambasciatore… ma senza portafoglio! Molto belli, in particolare, gli incontri realizzati grazie alla Società Dante Alighieri, con quattrocento o cinquecento studenti ospiti ogni volta. Noi siamo un paese profondamente cattolico, quindi l’Italia, e soprattutto Roma in quanto città dove vive il Papa, sono un punto di riferimento. Io però quando sono in Italia amo vivere all’italiana. Non parlare inglese. Non sono qui per essere un expat. Mangio italiano, bevo italiano, parlo italiano, ora un po’ meglio di prima. A dir la verità, mangio italiano anche in Irlanda…”.


Si sente più italiano o irlandese, insomma?

“Mi sento un cittadino del mondo”.


E come fa a svegliarsi poeta o prosatore?

“In questi ultimi due anni ho scritto solo tre poesie. Mi sveglio quasi sempre prosatore. Però una mia poesia, dedicata a Genova, uscirà prossimamente, nell’antologia ‘Genova, un omaggio in poesia’”.


Ci sono novità in arrivo, vero?

“Nutrimenti, che è un editore romano che lavora molto bene, pubblicherà nel 2020 il mio primo romanzo, tradotto in italiano. Il titolo originale è ‘Grace’s Day’, un giorno di grazia. Racconta di una famiglia irlandese tra l’isola di Wight, l’isola di Procida e la baia di Napoli, oltre che in Inghilterra. A me piaceva molto anche Procida, ma poi con Liz abbiamo scelto Camogli. In italiano, invece, è stata tradotta una raccolta di poesie, dal titolo ‘Le notizie sono’, con l’editore Mobydick”.


Che tipo di poesie scrive?

“Soprattutto poesie del filone civile. Brani che parlano di politica, di attualità, di cambiamenti del clima, di impegno sociale. Ora però, come dicevo, sono più dedito al romanzo, alle novelle. Ma ho scritto anche un paio di libri di storia, e uno sulla famiglia di mia zia, che è poi il seguito di ‘Suzy Suzy’”.


Che rapporto ha con l’Inghilterra?

“In Inghilterra vivono mio figlio e i miei due nipotini. Quando torno a casa, passo sempre a trovarli e porto loro dei libri, che compro qui a Camogli, nella bella libreria ‘Ultima spiaggia’ di Fabio, un bravissimo libraio. Ma l’Inghilterra è ormai un paese straniero, è tutto molto strano con la Brexit. Quella è stata una vera pazzia”.

Alberto Bruzzone

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