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Cultura | 11 agosto 2020, 13:16

Gabriele Agrimonti, l’organista ‘pop’ che suona improvvisando

Il bravissimo musicista si esibisce domani sera a Recco, nella chiesa di San Giovanni Battista, sulle tastiere di un organo Tamburini del 1959. “Quando s’improvvisa, la spontaneità e la naturalezza diventano il fascino di quel momento preciso. E anche questo è il bello”

Gabriele Agrimonti, l’organista ‘pop’ che suona improvvisando

Improvvisare è certamente l’aspetto più complicato, per chi suona dal vivo. Ancor più complesso quando si tratta di musica classica e ancor più complesso del complesso quando lo strumento in questione è un organo a canne.

Siamo al top del virtuosismo, al top del livello di sfida. Ma anche al top dello spettacolo e dell’emozione.

Questa è esattamente la strada di Gabriele Agrimonti, un giovane talento originario di Parma (ha 25 anni) che si esibirà domani, 12 agosto, alle ore 21,15, presso la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Recco, sulle tastiere di un Organo Tamburini del 1959. L’appuntamento, per il quale la capienza massima è di duecento persone (ingresso libero), in ottemperanza a tutte le misure anti contagio da Covid-19, rientra all’interno della rassegna ‘F.O.N.O. 2020’, vale a dire il Festival Organistico del Nord Italia organizzato dall’Associazione Culturale ‘Rapallo Musica’, con il sostegno della Regione Liguria, la Fondazione Compagnia di San Paolo come maggior sostenitore nell’ambito dell’edizione 2020 del bando ‘Performing Arts’, il patrocinio di Città Metropolitana di Genova e delle Province di Savona, Imperia e La Spezia, la collaborazione del Cantone Vallese e del Goethe-Institut Genua.

La scaletta del concerto comprende alcuni brani di repertorio classico e poi, per l’appunto, le parti legate all’improvvisazione, quelle in cui il musicista riesce a creare un’enorme empatia con il pubblico.

Gabriele Agrimonti è come se fosse un organista ‘pop’: non sempre legato allo spartito, quindi, ma legato alla fantasia, a dove lo portano la testa, le mani e soprattutto la musica. Che diventa, a quel punto, la sua musica. “Per poter improvvisare, è chiaro, occorre una grande padronanza dello strumento, bisogna averlo studiato moltissimo - racconta - Ma poi è anche necessario conoscere bene il contrappunto, l’armonia e le basi della teoria musicale e della composizione”.  

Improvvisare, secondo l’artista, è molto simile allo scrivere la musica: “Solo che il compositore, essendo da solo, può cancellare e rifare. Quando improvvisi, non esiste invece questa possibilità. Ma la spontaneità e la naturalezza diventano il fascino di quel momento preciso. E anche questo è il bello”.

Gabriele ha iniziato a suonare all’età di undici anni: “Non sono proprio stato un bambino prodigio - scherza - però poi ho recuperato in fretta il tempo! Nella musica mi sono sempre impegnato moltissimo: ho sempre sognato di vivere di musica, ho sempre sognato che la mia passione diventasse il mio lavoro”.

La strada intrapresa è quella giusta, anche se è fatta di tantissimi studi (ma, in fondo, nel mestiere del musicista questa è una costante anche a novant’anni…), però arrivano i primi concerti, le prime esibizioni, gli applausi, il calore e lo stupore del pubblico. “È bello perché, spesso, sono gli spettatori a dirmi, a un certo punto, che cosa vorrebbero ascoltare. Indicano un genere, e io mi cimento su quello. A un concerto è stato molto bello: ho improvvisato un tango e c’erano dei ballerini sul palco che improvvisavano anche loro”.

È la massima espressione di quello che Nietzsche definiva ‘dionisiaco’, la sintesi perfetta dell’arte e dell’essere artisti. Sul canale YouTube di Gabriele Agrimonti (https://www.youtube.com/user/agrigabri) se ne può vedere qualche assaggio, ma è indubbio che un appuntamento del genere sia nettamente migliore se seguito dal vivo, e per questo Recco è una splendida occasione.

Gabriele concepisce l’interpretazione e l’improvvisazione come arti unite da un legame indissolubile. Si è diplomato nella classe di organo e composizione organistica del maestro Mario Verdicchio presso il conservatorio ‘Arrigo Boito’ di Parma con il massimo dei voti, la lode e la menzione d’onore, all'unanimità della giuria. Poi, a soli 13 anni, è stato nominato organista co-titolare della Basilica Magistrale di Santa Maria della Steccata di Parma, accolto dal titolare Ugo Leoni. Nel 2016, è stato ammesso al Conservatorio di Parigi (Conservatoire National Supérieur de Musique et Danse de Paris), dove tutt’ora prosegue la sua formazione nelle prestigiose classi di improvvisazione ed écriture (composizione in stile), seguito da personalità di spicco a livello internazionale come Thierry Escaich, Laszló Fassang, Thomas Ospital, Thomas Lacôte, Yves Henri, Olivier Trachier.

“Stare all’estero è un grande sacrificio, sia rispetto agli affetti che dal punto di vista economico. Ma il livello che c’è in Francia, specie per quanto riguarda l’improvvisazione, è davvero molto particolare e molto alto. Quindi è una grande fortuna poter studiare a Parigi. Uno degli aspetti più affascinanti? Il poter andare a suonare di notte nelle cattedrali vuote”.

Chi suona un organo, infatti, fa una vita del tutto particolare. È un musicista a parte, si potrebbe dire un musicista ‘estremo’. “Se suoni il violino, te lo porti sempre dietro. Così come la chitarra. Il pianoforte lo puoi anche avere a casa. L’organo a canne è un po’ improbabile… Noi abbiamo un bell’organo in Conservatorio, sul quale teniamo le lezioni. E poi abbiamo la possibilità di andare a suonare quelli delle chiese. Ma siccome di giorno ci sono le funzioni religiose e non vogliamo ‘disturbare’ i fedeli, le nostre occasioni arrivano di notte, quando i portoni sono chiusi”.

Da organo a organo, c’è tutto un mondo in mezzo: “Non si suona mai con un proprio strumento, ma con quello che si trova. Può capitare un organo a dieci canne come un organo con tremila. Può capitare un organo con una tastiera come uno con cinque. Prima di ogni concerto, quindi, è sempre necessario un sopralluogo. Di solito, arrivo il giorno prima, per conoscere lo strumento. Non sarei in grado di metterci le mani però: per quello ci sono i tecnici. È un po’ come nell’automobilismo, dove ci sono i piloti e i meccanici. In questo caso, il pilota è l’organista, ma la gestione della ‘macchina organo’ spetta agli esperti. Al massimo si può dare qualche indicazione”.

A casa, invece, “si studia con una tastiera apposita, uno strumento digitale. Non è la stessa cosa, ovvio, ma per studiare va benissimo”.

L’organista ‘pop’ si prepara e lavora, moltissime ore al giorno. Che anche improvvisare richiede impegno e sudore. Mica s’improvvisa con niente. Mica s’improvvisa per niente.


Alberto Bruzzone

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