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Attualità | 13 aprile 2021, 16:04

Rinuncia alla vita da impiegato per aprire il suo laboratorio di pizza napoletana

La bella storia di Massimo Currò e della moglie Anna Accornero: da esperto di informatica a maestro pizzaiolo con quindici anni di studi alle spalle. “Ho deciso di giocarmi le mie carte sino in fondo”. ‘La Verace’, a Pegli, è un successo per la delegazione e non solo

Rinuncia alla vita da impiegato per aprire il suo laboratorio di pizza napoletana

Una volta, Jim Morrison scrisse: ‘Dreams are like stars... Just look up and they are always there’, i sogni sono come le stelle… Basta guardare in alto e sono sempre lì.

Un giorno, Massimo Currò e sua moglie Anna Accornero hanno scoperto che non era un pezzo buttato lì per caso, ma che tutto questo era assolutamente vero. E, per decine e decine di persone che lasciano il lavoro autonomo quando si presenta l’occasione di passare alle dipendenze, per giunta con un posto fisso e magari anche ben retribuito, ve ne sono alcune che scelgono il percorso inverso: perché è arrivato il momento di far qualcosa per sé stessi, perché la passione è diventata una vocazione, perché si è capito per quale verso bisogna guardare il cielo, e si è imparato a vedere che cosa ci sta, in quel cielo.

Così, per giunta in epoca di piena emergenza sanitaria, Massimo Currò ha lasciato qualche mese fa il suo lavoro di esperto informatico presso una prestigiosa azienda internazionale che ha sede anche a Genova e ha deciso che il suo hobby di un tempo sarebbe diventato, com’è ora a tutti gli effetti, la sua futura occupazione.

Dai computer, in particolare dallo sviluppo dei software, al mondo della pizza: perché Massimo, calabrese di origini, due figlie di 15 e 10 anni, Lara e Viola, e una moglie, Anna, che rappresenta l’autentica colonna di famiglia, è un grandioso cultore della pizza napoletana, quella con il ‘cornicione alto’, per intenderci, ma anche quella che viene preparata rispettando un rigorosissimo disciplinare, in fatto di impasto, di cottura, di utilizzo di determinati ingredienti.

Tutte indicazioni che Massimo Currò segue e che sono frutto di una lunga, paziente e determinata ricerca che porta avanti da anni: perché la stessa passione verso l’informatica e anche verso la musica, l’altro suo grande amore, Massimo l’ha sempre messa anche nel preparare la pizza, arrivando a ottenere risultati eccellenti.

E se prima, cioè nella sua ‘prima vita’, poter assaggiare le sue prelibatezze era privilegio riservato ai familiari e poi agli amici, adesso, cioè nella sua ‘seconda vita’, è diventata una fortuna per tutti, visto che Massimo e Anna hanno aperto a Pegli, in via Caracciolo, un laboratorio di pizza artigianale: si chiama ‘La Verace’ ed è operativo dal martedì al sabato, con la modalità da asporto dal martedì al giovedì, alla quale si aggiunge la possibilità di consegne a domicilio il venerdì e il sabato.

La metamorfosi di Massimo Currò è una storia bellissima di coraggio, di gettare il cuore oltre l’ostacolo, di voler vivere appieno la propria vita, di mettersi a letto alla sera pensando di aver colto il senso di tutto.

“Il mio percorso - racconta - è sempre stato molto particolare. Ho studiato al liceo artistico, da ragazzo sognavo di fare l’architetto. Poi, mi sono dedicato all’informatica e in questo settore ho lavorato per ventitré anni, a Milano, a Roma e infine a Genova, soprattutto nello sviluppo di software. Nel frattempo, ho sempre portato avanti, in parallelo, il mio interesse per la musica, anche perché l’ho sempre considerata una valvola di sfogo dalla vita dell’impiegato: suono la chitarra jazz e ho partecipato a qualche disco con alcuni nomi piuttosto importanti. Nella mia vita è stato fondamentale tener sempre viva una forma artistica”.

E siccome la musica è arte, ma la cucina lo è altrettanto, “dodici anni fa mi sono appassionato alla pizza napoletana, dopo averla mangiata a Napoli nei primi anni Duemila. Ho iniziato a far parte di una comunità di panificatori e di pizzaioli napoletani, ho creato un canale su YouTube, ho iniziato a chiedere consigli e poi, a mia volta, ho iniziato pure a darli”.

Non c’è un aspetto, nella sua vita, dove Massimo Currò non si sia applicato… al massimo, come dice il suo nome: dai computer alla musica, dalla politica (sia lui che Anna sono consiglieri municipali del Movimento 5 Stelle al VII Ponente) sino alla pizza. “I primi ‘assaggiatori’ sono stati alcuni amici di Pegli, Guido, Franco e Paolo, oltre alla mia famiglia. Ho aperto una piccola partita Iva e ho iniziato a partecipare ad alcuni eventi itineranti, preparando la pizza dopo essermi portato il forno al seguito. Da qui ho sentito la necessità, ma anche il piacere, di provare a far qualcosa di più e, nel maggio dello scorso anno, con il supporto di Anna, che ha sempre appoggiato le mie scelte, abbiamo aperto il nostro laboratorio della pizza inizialmente solo al venerdì e al sabato, mentre gli altri giorni ho continuato a lavorare per l’ufficio, soprattutto in modalità smart working”.

È stato un muoversi per piccoli passi, all’insegna della prudenza: mai fare il passo più lungo della gamba. “Ma a Pegli la pizza napoletana mancava, la richiesta era molta e i due giorni di apertura settimanali sono sempre andati molto bene. A quel punto lì, con il ménage dell’impiegato che iniziava a starmi sempre più stretto, era giunto il momento di decidere se continuare a vivacchiare oppure se giocarsi sino in fondo le ultime carte. E siamo andati verso la seconda opportunità: in ufficio si era aperta una possibilità per chi se ne voleva andare, io l’ho colta ed eccoci a questo punto”.

Da gennaio 2021, ‘La Verace’ è una realtà che funziona a gonfie vele. “Non la chiamo pizzeria, perché siamo più una sorta di ‘laboratorio’, dove la pizza viene preparata secondo determinate regole”. È una pizza per gourmet, pur con prezzi normalissimi, nel senso che alla base di tutto ci sono la ricerca e l’arte degli antichi maestri pizzaioli: niente viene lasciato al caso, niente è concepito con la fretta, difatti è sempre meglio telefonare e prenotare prima il proprio ordine.

“È un ambiente piccolo, quindi tutto - osserva Currò - è pensato in base alle dimensioni. La lista delle pizze è calibrata, anche perché la pizza napoletana è così, non ci sono moltissime varianti. Io la porto avanti grazie a quindici anni di studi, ma non sono assolutamente finiti, visto che non si smette mai d’imparare. La pizza è come il jazz: metti insieme gli ingredienti, poi qualcosa succede sempre”.

Currò ha approfondito la lievitazione, ha lavorato molto sulla digeribilità del prodotto, è andato alla ricerca dei fornitori, assicura su ogni pizza il pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese, la provola e il fiordilatte di Agerola, la farina dei mulini napoletani. Ogni mese, poi, accanto alle pizze tradizionali, viene proposta una variante a sua scelta. Verace, di nome e di fatto: “È un prodotto che va anzitutto capito ma, una volta che viene capito, poi è apprezzato senza mezzi termini”. Anche nel contenitore c’è tutto uno studio: non vengono utilizzati cartoni, che rovinerebbero il gusto, la fragranza e la consistenza della pizza, ma speciali vassoi di plastica, che possono esser riciclati, facendo pure un favore all’ambiente.

In via Caracciolo c’è un avamposto della bontà, e forse non è un caso che stia proprio qui: in quella strada che, al tempo stesso, è una delle principali di Napoli (il famoso lungomare) e con il pensiero che va subito al grande ammiraglio Francesco Caracciolo e al suo coraggio. Perché sì, nella vita ci vuole sempre coraggio. E perché è vero che per vedere i sogni basta guardare le stelle, eppure se non hai il coraggio di ‘buttarti’, finisce che non vedrai mai nulla.

Alberto Bruzzone

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