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Attualità | 04 giugno 2023, 16:06

SPlasH&Co, conoscere microplastiche nelle acque del porto per migliorare nelle buone pratiche (video)

Il progetto, cordonato dai dipartimenti DISTAV e DICCA dell’Università di Genova, ha visto il coinvolgimento dell’European Research Institute e dell’Università di Tolone

SPlasH&Co, conoscere microplastiche nelle acque del porto per migliorare nelle buone pratiche (video)

Conoscere quali e quante microplastiche ci sono nelle acque del porto di Genova, capire come modificano l’ambiente e dove si spostano per conoscere sempre meglio cosa avviene in mare e imparare le buone pratiche per contrastare la presenza di rifiuti in mare.

E’ il progetto SPlasH&Co, un progetto che vede come capofila l’Università di Genova, coinvolta con i dipartimenti Distav e Dicca) insieme all’European Research Istitute all’Università di Tolone.

Finanziato dal Programma Interreg Italia-Francia marittimo 2014-2020, il progetto ha permesso per la prima volta di analizzare la presenza, l’origine e le dinamiche delle microplastiche nei porti di Genova, Olbia e Tolone.

Indagini che hanno visto il coinvolgimento dei pescatori, mostrando quanta plastica rimanesse impigliata nelle reti. Numerosi camponamenti e attenti monitoraggi, inoltre, hanno permesso di conoscere di cosa è composto il sedimento del fondale marino e di capire e “contate” le microplastiche finite sugli arenili.

Un progetto che, oltre a fotografare la situazione del mare, ha messo in campo una serie di strategie per applicare le buone pratiche.

Dalla divulgazione agli incontri di sensibilizzazione, SPlasH&Co ha raccontato a grandi e piccini come stanno le acque nei porti tenendo anche conto della situazione pandemica.

Franco Borgogno, divulgatore scientifico dell’European Research Institute, spiega: “Dobbiamo partire dalla consapevolezza che la nostra vita dipende totalmente dall’ambiente, e in particolare totalmente dall’acqua; l’acqua sul pianeta terra è per il 97% in mare.

Se vogliamo diventare ricchi, spesso si contrappone la condizione di benessere economico alla tutela dell’ambiente, abbiamo bisogno di un ambiente che ci fornisca le condizioni per avere un’attività economica di successo. Quindi tutelare l’ambiente è l’elemento fondamentale, in particolare tutelare il mare. Ogni azione che possiamo fare, consumare meno energia, meno oggetti, produrre meno rifiuti, su cui noi abbiamo il controllo, vanno nella direzione di garantirci un futuro di benessere vero.

Faccio spesso questo esempio: se c’è una miniera di carbone è ovvio che c’è la comunità di carbone che dipende, per il benessere economico, da quella miniera. Poi quella miniera chiude, la comunità non avrà un lavoro e avrà le conseguenze sanitarie di quel problema. Quindi tutta la comunità umana si deve prender cura della piccola comunità che deve rinunciare alla miniera di carbone ma questo produrrà effetti sul lavoro.

Tutte le ricerche economiche ci dicono che la sostenibilità produce lavoro, e lavoro buono.

Restando al mare significa che ogni volta che andiamo in spiaggia dobbiamo portare via tutti i nostri rifiuti, anche se in spiaggia ci sono i cestini. Non lasciamoli li, pioggia e vento possono farli uscire e riportarli indietro è un primo elemento concreto, semplice e importante”.

Ma qual è lo stato di salute del mare nel porto di Genova?

Lo spiega Marco Capello, oceanografo dell’Università di Genova: “Dallo studio che abbiamo fatto, analizzando sia acqua sia sedimento sia il contenuto dello stomaco dei pesci, abbiamo visto come ci sia una importante diffusione delle microplastiche”.

Il porto di Genova - continua - è un porto industriale quindi pensare di trovare l’acqua che potremmo trovare in Costa Smeralda sarebbe utopia. Il Porto di Genova, onestamente, abbiamo verificato anche con i colleghi di Arpal, è molto meno inquinato di quanto si possa pensare e questa è una cosa buona. Ci sono cose macroscopiche evidenti: cassette di polistirolo, bottigliette. Ancora, tutto ciò che succede nelle nostre strade finisce in porto, non è un qualche cosa di negativo. Genova, ribadisco, è una città industriale e in questo caso ha quello che ci si aspetta: un po’ di inquinamento e non può essere altrimenti. Facciamo tutto come si deve ma qualcosa scappa. Le piene del Bisagno si portano giù tutto quello che è nella valle, poi troviamo tutto nel porto. Le correnti delle acque spingono tutto li e così il porto sembra molto più inquinanti di quello che non è”.

Ma cosa fare: “Innanzitutto potremmo essere un pochino più accorti quando utilizziamo le varie cose. Portarci a casa quello che produciamo è una cosa fondamentale. Talmente semplice che a volte sembra quasi banale proporlo. Questo è il consiglio che posso dare.

Facciamo progetti di ricerca, verifichiamo quello che accade, abbiamo tanti numeri però poi i numeri, se non vengono resi utili sono fini alla ricerca e basta. E’ come giocare a Tetris, incastriamo tutti i pezzi e il gioco va avanti in modo utile e intelligente”.

Isabella Rizzitano

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