Prosegue oggi, e andrà avanti per tutti i venerdì successivi, ‘Alla scoperta dei Rolli’, un servizio seriale de ‘La Voce di Genova’ dedicato a una delle caratteristiche principali della nostra città, che è valsa anni fa il riconoscimento Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Si tratta del sistema dei Palazzi dei Rolli: edifici che sono vere e proprie perle del centro storico e non solo. Vi accompagneremo dentro con i nostri racconti, ve li faremo scoprire con le fotografie, vi illustreremo aneddoti e curiosità. Sempre per amore di Genova e delle nostre eccellenze. Buon viaggio insieme a noi!
Oggi sede di un punto vendita di una nota catena di abbigliamento che ne occupa il piano strada, Palazzo Ottavio Imperiale, conosciuto anche come Palazzo del Melograno, è stato uno degli edifici più importanti della città.
Costruito in Campetto tra il 1586 e il 1589 su commissione di Ottavio Imperiale, figlio di Vincenzo che poco più in là aveva la sua dimora, questo edificio rappresenta un capolavoro dell’architettura tardo rinascimentale genovese oltre che un simbolo di ricchezza e prestigio per la famiglia Imperiale e non solo.
Progettato da Jacopo De Aggio, forse allievo di Bartolomeo Bianco, il palazzo costò la bellezza di cinquantamila scudi d’oro.
La sua costruzione fu da subito ritenuta un evento cittadino, come annotava l’aristocratico Giulio Pallavicino e il palazzo fu subito incluso nell’elenco dei Rolli.
Lo stesso Pieter Paul Rubens, arrivato a Genova, ne rimase affascinato e lo inserì all’interno del suo volume dedicato alle architetture della città.
Nel Seicento, con il passaggio alla famiglia Sauli, il palazzo divenne anche un importante centro culturale e artistico, ospitando artisti di fama internazionale.
Fu poi la volta del passaggio ai De Mari e, infine, ai Casareto, proprietari fino al Novecento. Ciascuna famiglia lasciò la propria impronta.
L’edificio, che si presenta ancora con il suo tipico doppio affaccio con Campetto da un lato e Soziglia dall’altro, da subito era stato progettato per lasciare spazi commerciali al piano strada. Così nove botteghe trovarono posto all’intento di Palazzo Imperiale mentre ai piani superiori si sviluppavano grandi e preziosi appartamenti.
Le decorazioni non mancano e gli interni sono impreziositi da affreschi di Domenico Piola, autore della celebre Galleria dei Pianeti e delle Arti, e da sculture come quella di Filippo Parodi, il Bernini genovese, che realizza Ercole trionfante con i pomi delle Esperidi, simbolo di forza e trionfo. (Statua visitabile entrando nel punto vendita).

Altri artisti che hanno contribuito alle decorazioni furono Domenico Guidobono e Giacomo Antonio Boni.
Un aspetto di grande rilievo storico-artistico è la presenza di Orazio Gentileschi, uno dei più importanti pittori caravaggeschi italiani. Gentileschi fu chiamato a lavorare nelle stanze del palazzo nei primi decenni del Seicento, quando l’edificio era di proprietà dei Sauli. Durante il suo soggiorno a Genova, Gentileschi realizzò alcune tele per i Sauli, tra cui la celebre Danae, oggi conservata al Getty Museum di Los Angeles, e contribuì a diffondere nella città il linguaggio pittorico del caravaggismo.
La presenza di Gentileschi testimonia il ruolo di primo piano che il palazzo ebbe come centro di committenza artistica internazionale.
Il soprannome “Palazzo del Melograno” deriva dalla presenza di un melograno cresciuto spontaneamente sul timpano del portale d’ingresso, tra il balcone del primo piano e il frontone triangolare. Secondo la leggenda, la prosperità di Genova sarebbe legata alla vita della pianta: finché il melograno fiorirà, la città godrà di fortuna e benessere; se dovesse morire, anche la sorte di Genova sarebbe compromessa.
Un’altra versione, invece, racconta che Ottavio Imperiale, dopo aver vinto una grossa somma al gioco puntando sul simbolo del melograno, decise di piantarne uno sul balcone come portafortuna.
Oggi il palazzo è vincolato dalla Soprintendenza e ospita attività commerciali, ma conserva ancora i suoi tesori artistici: la fontana con Ercole di Parodi, la statua settecentesca della Madonna della Misericordia, soffitti decorati con stucchi blu e oro e, soprattutto, la memoria di essere stato luogo di incontro tra arte, storia e leggenda.

















