Due ragazze cresciute tra le fila del Genova Hockey 1980 vestiranno presto la maglia azzurra ai Campionati Europei Under 18 di Prima fascia, in programma a Lille, in Francia. Sono Anna Gesino, attaccante classe 2008, e Lucia Porotto, portiera, nata nel 2009: due giovanissime atlete che rappresenteranno l’Italia in un torneo tra i più competitivi d’Europa, contro avversarie come Germania, Inghilterra e Olanda. Un risultato straordinario per loro, ma anche per la società biancorossa che da anni lavora con passione e competenza sul vivaio. Ne abbiamo parlato con Daniele Franza, presidente del Genova Hockey 1980, che ci ha raccontato la storia di queste due promesse e la filosofia di un club che continua a sfornare talenti.
Daniele, partiamo dalla notizia più bella: due ragazze cresciute nella vostra società sono state convocate in Nazionale per gli Europei Under 18. Ci racconti il loro percorso?
"Anna e Lucia sono due ragazze che rappresentano perfettamente lo spirito del nostro settore giovanile. Anna è nata nel 2008, ed è la sorella minore di Greta, che a sua volta ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita della nostra prima squadra femminile. Greta aveva iniziato tanti anni fa in una squadra composta solo da maschi, unica bambina in mezzo a tanti compagni. Da lì, pian piano, si è creato un gruppo di coetanee che ha dato vita al primo nucleo femminile della nostra società.
Anna inizialmente praticava un altro sport, ma ha deciso di cambiare seguendo le orme della sorella maggiore. È bastato poco: si è subito appassionata e non ha più smesso. Lucia, che è del 2009, è arrivata un paio d’anni dopo, anche lei grazie al passaparola: un’amica la invita a provare, e da lì inizia tutto. Oggi è una delle nostre portiere di riferimento, pur essendo ancora under 16.
Entrambe, nonostante la giovane età, sono già titolari nella nostra prima squadra. Sono atlete serie, costanti, sempre presenti agli allenamenti, con una passione che si vede. Il fatto che Lucia, così giovane, sia stata selezionata per un Europeo under 18 è significativo: parla del suo valore e del lavoro che ha fatto".

Immagino che, oltre alla soddisfazione personale, sia una grande gioia anche per la società e per tutto lo staff tecnico.
"Sì, assolutamente. Per noi è una gioia enorme, perché è il risultato di un lavoro quotidiano che non sempre riceve attenzione. L’hockey su prato non è sotto i riflettori, non è uno sport mediatico, eppure dietro c’è impegno, sacrificio, passione. Quando arrivano questi risultati, sono la benzina che ci fa andare avanti. Oltre a queste convocazioni, l’anno scorso la nostra prima squadra femminile è salita in Serie A1. Questi momenti danno senso a tutto, rafforzano la comunità, e gratificano sia i tecnici che la società".
E tu, come sei arrivato a guidare il Genova 1980? Hai un passato da giocatore?
"Sì, ho cominciato da ragazzino, avevo 12 anni. Era il 1985, mi fecero provare l’hockey a scuola, e me ne innamorai subito. Ho giocato per vent’anni, poi intorno ai 35 anni ho sentito il bisogno di creare qualcosa di mio. Così è nata questa società nel 2009-2010, letteralmente da zero.
Oggi siamo una delle realtà più importanti in Italia per il settore giovanile. Abbiamo circa 150 tra bambini e ragazzi che si allenano 2-3 volte a settimana, a partire dai 6 anni. Abbiamo vinto titoli giovanili, portiamo ogni anno squadre alle finali nazionali, e le nostre prime squadre — sia maschile che femminile — sono giovanissime: l’età media delle ragazze è sotto i 18 anni, quella dei ragazzi è poco sopra i 19. Eppure, nonostante l’età, competono a ottimi livelli. Le convocazioni in Nazionale sono un ulteriore riconoscimento".
C’è una “ricetta” dietro al vostro successo? Una filosofia particolare che vi guida?
"Credo di sì. Fin dall’inizio, abbiamo messo i ragazzi al centro del progetto. Non ci siamo mai concentrati sull’obiettivo del risultato a tutti i costi. Il nostro focus è sempre stato la crescita, il rispetto dei tempi individuali, la valorizzazione delle capacità di ognuno, anche di chi ha più difficoltà. Nessuno viene escluso.
Paradossalmente, proprio non puntando ossessivamente alla vittoria, siamo riusciti a vincere di più. Perché se costruisci bene, con cura, nel tempo arrivano anche i risultati. Senza stress, senza pressioni eccessive. Crescita e formazione prima di tutto: questa è la nostra linea".
Guardando avanti, quali sono i vostri prossimi obiettivi come società?
"Abbiamo vinto cinque scudetti giovanili indoor, ma ci manca ancora un titolo all’aperto, su prato. Questo potrebbe essere un obiettivo tecnico da inseguire. Come dicevo prima, però, non vogliamo mettere i risultati davanti alla crescita.
Inoltre, ci interessa consolidare le due prime squadre. La maschile è in A2 da qualche anno, la femminile è appena salita in A1. Entrambe sono giovanissime, quindi ora serve dare stabilità ai gruppi. E poi, certo, continuare a portare atleti in Nazionale: è un obiettivo importante, ma naturale, quando il percorso funziona".

Per chi non conosce l’hockey su prato, o non lo ha mai visto dal vivo: quali sono le caratteristiche che potrebbero far appassionare nuovi spettatori e magari anche nuovi giocatori?
"Ne direi tre. Primo: è uno sport bellissimo da vedere e da giocare. Ogni volta che lo proponiamo nelle scuole, i bambini si divertono, si incuriosiscono. Nessuno dice “non mi piace”. Quindi penso che la scarsa diffusione sia dovuta più alla poca conoscenza che al reale appeal del gioco.
Secondo: è uno sport difficile, molto tecnico. Non è immediato come altri sport. Usare il bastone per controllare una pallina piccola richiede coordinazione, pazienza, esercizio. Ma proprio questa difficoltà rende l’apprendimento molto appagante. C’è sempre qualcosa da migliorare, anche dopo anni di pratica.
Terzo: l’hockey ha una parità di genere reale. Non è uno sport “per maschi” o “per femmine”. C’è equilibrio tra maschile e femminile, sia come numeri che come visibilità. Questo crea una comunità sportiva molto coesa e mista, dove ci si sostiene a vicenda, si condividono esperienze, si cresce insieme. Anche da un punto di vista sociale è un ambiente ricco".
Chiudiamo con un messaggio per Anna e Lucia, che stanno per partire per Lille. Cosa ti senti di dire loro?
"Gliel’ho già detto, ma lo ripeto: ragazze, divertitevi. Vivete questa esperienza al massimo, senza pressioni. Siete arrivate fin qui perché ve lo siete meritato. Godetevi ogni momento, restate concentrate ma senza ansia. È solo l’inizio, e sono certo che ci saranno altre grandi soddisfazioni".

















