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Attualità | 30 maggio 2023, 07:20

Storia e memoria per affascinare grandi e piccini, il mestiere dello sceneggiatore secondo Sergio Badino

Fresco vincitore del premio Scaramuzza con "Mi ricordo di te", illustrato da Ilaria Urbinati, lo sceneggiatore genovese ha legato il suo nome alla Disney ma ha anche formato decine di giovani

Storia e memoria per affascinare grandi e piccini, il mestiere dello sceneggiatore secondo Sergio Badino

Fondere idee, personaggi e arte delle parole per dare vita a storie uniche è arte dello sceneggiatore che, con la sua creatività, è capace di trasportare in un mondo dove non mancano spunti di riflessione e un pizzico di ironia.

Queste sono solo alcune delle caratteristiche che si incontrano nelle opere di Sergio Badino, sceneggiatore e scrittore genovese, che ha legato il suo nome a fumetti come Topolino e Martin Mystère.

Un’attività, la sua, in cui non mancano i riconoscimenti: ultimo, in ordine di tempo, è il Premio Letterario Scaramuzza, il riconoscimento pensato per autori e autrici di letteratura per ragazzi e ragazze.

Badino, con il suo “Mi ricordo di te”, volume illustrato da una bravissima Ilaria Urbinati, mette al centro il legame indissolubile che si forma tra il nonno e la sua nipotina, a cui affida i ricordi e la memoria e a cui fa scoprire la bellezza che si incontra nelle piccole cose.

Una carriera iniziata con Topolino, come racconta proprio lo sceneggiatore: “E’ stato il mio primo lavoro nel mondo dell’editoria, sono passati 22 anni dalla prima uscita. Sono sempre stato un appassionato di fumetti e all’epoca frequentavo la Scuola del Fumetto a Milano e tra i miei insegnanti c’erano autori professionisti. Alberto Savini, mio insegnante di sceneggiatura, chiesero se avesse delle nuove leve da proporre alla redazione di Topolino.

Io avevo appena scoperto la materia e lui scelse un gruppo du cui facevo parte anche io. Eravamo quattro o cinque, ci fece scrivere alcuni soggetti di prova che avremmo dovuto poi presentare alla redazione.

La scadenza era molto ravvicinata e in pochissimi giorni preparammo gli elaborati che lui portò alla redazione. Dopo qualche tempo ci comunicarono di averli letti e programmarono un incontro con noi.

Potete immaginare l’emozione: poco più di vent’anni nel palazzo della Disney, all’epoca in via Sandri a Milano, unica sede della Walt Disney Company Italia che gestiva tutti i reparti. All’entrata, in reception, c’era una statua in legno che raffigurava Topolino con le braccia aperte e pareva proprio accoglierti. Al piano della redazione si svolse la riunione; noi emozionati e intimiditi, ci sentimmo dire che nessuno dei nostri soggetti andava bene. Non ci stupì la notizia e la cosa veramente interessante fu che ci spiegarono il perché e invitarono chi volesse, a riprovare. Di tutto il gruppo fui l’unico a ritentare”.

Nelle storie di Badino si incontrano spesso tematiche attuali, veicolate per essere adatte a un pubblico giovane e giovanissimo. “Tutto sta - spiega l’autore - nel cercare di capire qual è il linguaggio adatto a loro. I bambini non hanno il nostro stesso bagaglio lessicale e bisogna trovare la chiave giusta per fare arrivare loro l’informazione che vogliamo fargli giungere. Nessuna storia deve mai partire dal presupposto che è una storia che nasce per insegnare qualcosa; a nessuno fa piacere leggere una storia in cui si percepisce che l’autore sta salendo su uno sgabellino  e vuole insegnarti qualcosa. Una storia deve essere una storia, e questo vale in tutti i campi; una storia deve raccontare prima di tutto una vicenda legata ai personaggi.

Poi, è chiaro che questa vicenda possa affrontare delle tematiche più o meno importanti, a seconda di quello che si vuole raccontare. Nel caso della storia sulle fake news, quella con Max Topidoro, si partiva sempre dalla vicenda, dalla storia dell’uomo falena. Ho cercato di riportare la storia vera in termini disneyani, per i lettori di Topolino. Attraverso la storia, si capisce che cosa significa diffondere le fake news e farlo per, diciamo così, manipolare l’opinione pubblica degli spettatori, dell’utenza. In quest’epoca in cui siamo tutti connessi e lo sono spesso anche i bambini, bisogna fornire loro qualche strumento. Quello di farlo attraverso una narrazione è il modo più azzeccato. Funziona anche con gli adulti. Prima di tutto il lettore entra nella storia, che li cattura e li coinvolge. All’interno poi ci sono dei temi che parlano in questo caso delle fake news ma che sono veicolati dalla storia stessa. Non c’è mai un intento predicatorio o moralistico, almeno non ci dovrebbe essere”.

Non solo Disney e fumetti per bambini per Badino. Sue sono anche diverse sceneggiature di Martin Mystère. E se si pensa che ci siano profonde differenze tra fumetti “per bambini” e “per adulti, ci si sbaglia: “Si tratta sempre di una questione di linguaggio, sostanzialmente. 

Il linguaggio del fumetto è quello, il fumetto per bambini e quello per adulti hanno sempre gli stessi codici a livello di scrittura. La differenza sostanziale sta nella durata perché gli adulti hanno una soglia di attenzione più alta. Differente è il ritmo che, nei fumetti per bambini è più elevato. Nelle storie di Topolino in ogni vignetta c’è sempre una battuta o qualcosa che tiene alta l’attenzione; le storie poi sono più brevi. Una storia di Martin Mystère è lunga più di 150 pagine, che per Topolino sarebbe una cosa abnorme, non sarebbe possibile.  E’ il corrispettivo di un bel film di due ore, due ore e mezza. Una storia con un respiro molto ampio, in cui ci sono dialoghi corposi, informazioni legate alla storia e alla geografia, perché Martin Mystère è una specie di Alberto Angela: lui fa il divulgatore e si trova ad affrontare dei casi misteriosi in prima persona. Ci sono queste differenze sostanzialmente, poi questi sono gli aspetti principali”.

Attenzione però a considerare Topolino una lettura solo per bambini: “Il suo pubblico ideale è composto quasi al 50% da adulti e per l’altro 50% da bambini. Molto spesso sono gli adulti che lo comprano per i piccoli poi i piccoli si affezionano. E’ la classica lettura del nonno o del genitore che lo prende al piccolo, poi è il piccolo che lo vuole tutte le settimane. Anche questo è il motivo per cui le storie hanno una doppia chiave di lettura all’interno della storia stessa. C’è una parte che soddisfa l’esigenza del piccolo ma anche alcuni riferimenti che il piccolo non può cogliere perché non li conosce. Per esempio, una storia che ho scritto di recente, “Siamo serie”, una serie su cinema e serialità, è una storia essenzialmente comica con un sacco di battute in cui ho cercato di essere diverte e di far ridere il più possibile tutti. Poi ci sono tutta una serie di riferimenti a registi, film, serie tv anche vecchie come l’A Team, MacGuiver, che i bambini di oggi non possono conoscere ma quelli della mia età si e sono convinto che la situazione, così come è raccontata, possa fare un po’ sorridere tutti ma poi è l’adulto che vede che si parla di MacGuiver oppure c’è la parodia di Christopher Nolan e dei suoi film, magari il bambino non lo sa chi è ma semplicemente lo fa ridere questo regista buffo che parla di situazioni assurde, invece l’adulto capisce che si parla di Interstellar che diventa Stracciatellar. E’ pieno di cose così, come le citazioni dei film noir anni ’40, Falcone Maltese è diventato il Parrocchetto Smaltato non credo che il bambino lo capisca a meno che non sia un adulto a spiegarglielo. Sono cose che invece i grandi sicuramente apprezzano”.

Accanto al lavoro come sceneggiatore, Badino per diversi anni si è occupato della parte didattica e ha realizzato un libro “Professione sceneggiatore” dove riassume un po’ quali sono gli elementi principali della materia.

“Ormai la mia attività è completamente assorbita dalla scrittura - racconta - Insegnavo e l’ho fatto per molti anni. Ora tra libri, romanzi e fumetti non mi resta molto tempo, però per diverso tempo è stata un’attività che mi è piaciuto fare. Ho anche fondato una scuola di scrittura e ogni tanto la tengo ancora viva facendo qualche piccolo corso. Ne ho fatto uno breve ma intenso e divertente al Librificio del Borgo, a Borgo Incrociati. E’ stata una scommessa venuta bene e stiamo pensando di replicarla, senza fretta. L’esigenza di insegnare nasceva anche un po’ dalla necessità di confrontarmi con altre persone a cui piacessero le mie stesse cose. Quello che mi piaceva della didattica era sostanzialmente poter parlare con tante persone appassionate di storie, di romanzi, di sceneggiature, e aiutarli nello sviluppo di questa loro passione. In tutti quegli anni mi è stato detto tante volte che ho dato una mano ai miei studenti a trovare la loro strada, che non vuol dire necessariamente quella di averne fatto un lavoro, magari anche capire che non funziona. Molti miei studenti sono diventati degli autori che oggi pubblicano e di cui vado molto fiero, alcuni hanno fatto delle cose incredibili. Quando vedo che loro pubblicano qualche cosa di nuovo, sono sempre un po’ orgoglioso pensando che quando li ho conosciuti.

Molti mi hanno detto che li ho aiutati ma loro, i miei studenti, hanno aiutato me negli anni in cui ho insegnato, e ho insegnato tanto, mentre insegnavo, correggevo, leggevo le cose che scrivevano, ho imparato tantissimo su cosa significhi scrivere, su cosa è meglio fare e cosa è meglio non fare. E’ stata anche per me una palestra straordinaria. Quindi è un periodo di cui vado molto fiero e che ho amato moltissimo. 

A proposito del manuale, ormai due anni fa è uscita l’ultima versione che dovrebbe essere quella definitiva, anche se in questi casi non si sa mai. E’ un libro, un long seller che ha avuto una sua piccola fortuna perché era partito come piccolissimo librino, quasi bignami, nel 2007, ed era esclusivamente sulla sceneggiatura dei fumetti. Nel 2012 è arrivata la seconda edizione, più ampia, in cui si parlava di cinema e di cinema d’animazione e si accennava qualcosa anche al mondo della narrativa. Adesso, due anni fa, è uscita la nuova edizione ampliata che mi soddisfa molto perché riprende tutti questi concetti, li amplia.

Lo scopo di questo libro è fornire degli strumenti di base a chi vuole scrivere poi far capire che tutti i vari ambiti, la narrativa, il cinema, il fumetto, ma anche tanti altri come pubblicità, teatro, videogiochi, non sono lontani tra di loro anzi, sono tutti imparentanti e appartengono a un’unica grande famiglia. La scrittura di queste forme di espressione si basa sempre sulle stesse regole. Il mio manuale parte proprio dalla spiegazione di queste regole. Una volta che sono state metabolizzate, il manuale passa ad alcuni linguaggi specifici: fumetto, cinema, narrativa. Esiste questo terreno comune e oggi, in un’epoca in cui passiamo senza accorgercene attraverso decine di forme di narrazione diversa, tutto è interconnesso. Il libro cerca un po’ di spiegare questo”.

Non manca la narrativa con un libro, “La via del ricordo”, che tocca un tema delicato come quello della Shoah: “Questo è un tema a cui sono molto molto legato, per me è molto importante. Questo libro, che ho scritto qualche anno fa, parla proprio della necessità di far si che i più giovani conoscano quello che è accaduto durante quegli anni terribili della guerra, durante i quali ci fu la Shoah, proprio perché oggi gli ultimi testimoni viventi sono rimasti pochissimi e magari quei pochi che ci sono hanno qualche malattia che l’età amplifica, come l’Alzheimer. Tendono magari a non ricordare più bene e spesso hanno vissuto esperienze forti. Mi ha affascinato questo parallelismo tra la memoria, che è una parola che spesso viene utilizzata abbinata al giorno della memoria, appunto, e la perdita della memoria che, in una malattia come l’Alzheimer è presente.

Questa storia, questo libro, parte proprio da li, da questo tema e dal fatto che c’è una persona anziana che per tanto tempo si è rifiutata di parlare della sua esperienza in un campo di concentramento nazista. Questa era una cosa che davvero è successa a tante persone che, una volta tornate da li, si sono chiuse nel silenzio per tantissimo tempo. La stessa Liliana Segre ha raccontato che per anni non ha mai voluto dire niente fino a che non sono nati i suoi nipoti che le hanno fatto capire l’importanza di testimoniare.

Questo nonno che c’è nel mio libro è un po’ così. A un certo punto inizia ad avere i primi sintomi dell’Alzheimer e cambia un po’ idea, c’è un’altra storia dietro, ma si leggerà nel libro”.

Isabella Rizzitano

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