‘La musica che ci gira intorno’ è il format de ‘La Voce di Genova’ dedicato alla scoperta e alla valorizzazione della scena musicale ligure, con un focus su artisti locali, eventi, nuovi talenti e le tradizioni sonore della nostra regione. Ogni settimana la musica sarà protagonista, in ogni sua forma e da ogni punto di vista. Qui troverai interviste agli artisti, le nuove uscite discografiche, gli appuntamenti per vedere concerti ed esibizioni live e spazio a chi, con la musica, ci lavora: dai produttori ai fonici, dai musicisti ai gestori di locali, teatri e spazi dove è possibile far sentire la propria voce.
Quando si parla con Onice, nome d’arte di Filippo Fornaro, l’impressione che si ha è quella di entrare in uno spazio dove ogni singola parola è scelta con cura.
Riferimenti, racconti, canzoni compongono le tappe di un percorso in cui la musica ha un valore prima di tutto esistenziale che assume i contorni di una ricerca.
“Faccio musica perché mi fa stare bene. Non per successo, visibilità o strategie. La musica è ciò che mi permette di capire me stesso. E se posso condividere questa possibilità, allora tanto meglio” racconta Onice.
Ventisei anni, una formazione che parte dalla lirica e approda alla scrittura pop passando per esperienze forti come una tournée scolastica del Brundibar, l’opera messa in scena nei lager nazisti dai bambini deportati, Onice racconta la propria storia con grande consapevolezza: "Cantavo nel coro della scuola media. La musica era presente in casa, ma non avevo mai pensato di studiarla seriamente. Poi quel progetto legato alla Giornata della Memoria ha acceso qualcosa. Ci siamo esibiti a Praga, abbiamo visitato i campi di concentramento. È stato uno spartiacque”.
Da lì, inizia un primo percorso che lo porta verso la musica classica: “Ho studiato lirica per anni. È una scuola che forma, ma che a un certo punto mi ci sono sentito stretto. La percepivo più come esercizio tecnico che come spazio per comunicare”.
Il passaggio alla scrittura inedita, poi, sembra una naturale conseguenza e arriva attorno ai diciassette anni: “Scrivevo da sempre. Avevo bisogno di esprimere quello che non riuscivo a dire ad alta voce. La musica classica non mi bastava più”.
Il nome d’arte non è frutto del caso. “Da bambino dicevo che volevo fare il gemmologo. Mi hanno sempre affascinato le pietre. L’onice è la pietra dell’equilibrio. E per me la musica è esattamente questo: un punto d’equilibrio, un luogo dove posso stare e capire chi sono”.
Nel racconto di Filippo c’è un filo che lo attraversa, quello dell’interiorità che diventa orizzonte, una condizione da esplorare che può diventare persino la voce di altri.
Nel suo primo singolo, Se Veramente, scritto da Giulia Sarpero e Paolo Schiavi, Onice parte da un’esperienza personale di empatia estrema: “Ho sempre assorbito il dolore degli altri. Tornavo a casa con l’ansia addosso, come se fosse mia. La canzone parla proprio di questo: della necessità di trovare una distanza senza perdere la sensibilità”.
Nel brano Mare di lacrime, invece, la sua voce diventa megafono per la storia di un’altra persona: “È il racconto di una relazione tossica vissuta dalla mia migliore amica. Ho sentito il bisogno di scriverne, di trasformare il suo dolore in qualcosa che potesse restituire forza”.
Con Labirinto di carta Onice affronta uno dei temi a lui più cari: la percezione del tempo, il senso di inadeguatezza, l’ansia da confronto. “Vivo con la sensazione di essere in ritardo. Ritardo rispetto a cosa, però? È un pensiero che ci viene imposto. Ogni giorno siamo confrontati con il percorso degli altri: nella musica, nell’università, nella vita. E questo ti fa sentire fuori tempo. Ma la verità è che ognuno ha il suo tempo. E io provo a raccontarlo così: con un labirinto che non va abbattuto, ma abitato”.
Il tutto sembra trovare una radice forte che lo stesso cantautore riconosce, e che risiede nel percorso terapeutico: “Non per urgenze particolari, ma per consapevolezza. Come fai un check-up medico, è giusto controllare come stai dentro. E questa esperienza ha avuto un riflesso naturale anche nella scrittura. Non voglio insegnare niente, ma far sentire che non siamo soli. È importante che chi ascolta si possa riconoscere, anche solo per un attimo”.
I suoi riferimenti musicali sono trasversali. Citazioni che passano da Levante, “che con una scrittura semplice arriva in profondità”, a Michele Bravi, con particolare attenzione all’album La geografia del buio, che definisce “un’opera fragile e potente”. Non mancano i cantautori che hanno segnato la musica italiana, come Tenco e De André, o artisti più contemporanei tra cui spiccano Mahmood, Ariete e altri: “Ognuno di loro mi ha insegnato qualcosa. Non li copio, ma li ascolto per capirmi meglio”.
Onice, oggi allievo di Maya Forgione, rifiuta l’idea di una musica legata solo all’immagine: “Non mi riconosco nei canoni estetici dominanti. Non mi interessa diventare qualcuno solo per com’è fatto il mio volto. Per me la musica è un linguaggio, non un’etichetta. Se un artista ha qualcosa da dire, va ascoltato anche se non canta benissimo o non ha un’immagine perfetta. Il punto non è la forma, ma il contenuto. Se è vuoto, anche il miglior pacchetto non serve a nulla”.
Nel presente di Onice c’è la scrittura ma c’è anche un primo traguardo, quello dell’EP in uscita grazie anche alla collaborazione con Fulvio Masini, anticipato da un brano intitolato Quasi Inverno. “È la prima volta che scrivo qualcosa di non malinconico. Non perché non lo sia, ma perché cerco una nuova modalità di riflessione. È un brano che parla di tregua, non di fuga”. Dopo la recente esibizione al Trinità di Bolzaneto, il progetto è di tornare live a settembre a Genova, con una serata ancora in fase di definizione.
Il futuro? Per Onice ha contorni precisi: “Vorrei continuare a fare musica, ma non per arrivare da qualche parte. Solo per stare bene. E se stare bene per me vuol dire scrivere canzoni, allora sì, voglio farlo il più a lungo possibile”.
Ascolto, verità, presenza. In un mondo che è sempre più una corsa, una competizione che spinge al limite, Onice con la sua voce vuole raccontare in modo chiaro. Un’isola di bellezza dove poter trovare il tanto desiderato riposo.