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Cultura | 27 ottobre 2018, 13:53

Quarantatré fotografie per aiutare gli sfollati del Ponte Morandi

Gli ormai celebri scatti di Michele Guyot Bourg diventano un libro pubblicato da Galata Edizioni: tutti i proventi in beneficenza. In programma pure due mostre, prima a Nervi e poi presso la Banca d’Italia (FOTO)

Quarantatré fotografie per aiutare gli sfollati del Ponte Morandi

Un gatto sonnecchia, raggomitolato sul tettuccio in tela di una vecchia Cinquecento. Una donna stende un lenzuolo bianco sul terrazzo di casa. Un signore, con spessi occhiali inforcati sul naso, legge il quotidiano locale sul tavolo della cucina. Un manifesto sgualcito pubblicizza lo spettacolo ‘Circorama’ di Liana Orfei. Un pastore pascola le sue pecore, sul greto del Polcevera. Scene di vita quotidiana, sotto quel ponte che sarebbe diventato simbolo di morte. E che, in una maledetta mattina del 14 agosto 2018, collassando su se stesso, avrebbe portato via per sempre l’esistenza di 43 persone, 43 innocenti.

‘43’, come il titolo del libro, ora pubblicato da Galata Edizioni, che raccoglie altrettanti scatti, opera del fotografo genovese Michele Guyot Bourg. Le sue immagini, realizzate tra gli anni Ottanta e Novanta e oggi ancor più drammatiche nella crudezza documentale del bianco e nero, hanno fatto il giro del mondo, nei giorni immediatamente successivi al disastro. Mai l’autore avrebbe immaginato che ‘Vivere sotto una cupa minaccia’ - come aveva intitolato il suo lavoro - sarebbe diventato così tragicamente reale.

Oggi la donna non stende più il suo lenzuolo. Il signore occhialuto non legge più il suo giornale. Non c’è la réclame sul pilone numero 9. Il pastore non va lungo il torrente. Il gatto è andato a dormire da un’altra parte. Sotto quello che fu il Ponte Morandi non c’è più nulla. Nessun segno di vita. Centinaia di persone sono state costrette ad abbandonare per sempre le loro case. La catena di solidarietà in loro aiuto è partita, in maniera capillare e assai generosa, come sempre sa fare Genova, di fronte a quelle catastrofi che ormai stanno diventando troppe.

Anche il libro ’43 fotografie’ di Michele Guyot Bourg contribuisce alla causa. L’idea è stata del fondatore e anima di Galata Edizioni, l’eclettico scrittore ed editore genovese Fabrizio Càlzia. “Le foto di Michele - racconta - sono straordinarie, in tutta la loro forza e la loro potenza drammatica. Così l’ho contattato per proporgli questa pubblicazione. Sin da subito, l’intento benefico è stato chiaro a tutti. Ogni persona coinvolta in questo libro ha offerto gratuitamente la propria prestazione. Dall’autore all’editore, ai vari collaboratori. Le spese tipografiche sono state ridotte alla sola carta e all’inchiostro. Ogni costo è stato portato al minimo, in modo da garantire il maggior introito possibile ai progetti di solidarietà”.

Il volumetto, semplice ed elegante allo stesso tempo, viene venduto al prezzo di quindici euro nelle librerie, ma si può acquistare anche contattando direttamente l’editore: galata@galataedizioni.it.

“Ne ho tirato quattrocento copie - prosegue Càlzia - e sta andando molto bene. Per ogni foto, c’è a fianco la dedica, a una delle persone che hanno perso la vita quella mattina”. Un elenco che lascia il groppo in gola.

Vedi quei mostri di cemento sopra la testa degli uomini e non puoi far a meno di pensare a quanto quegli uomini abbiano osato, e poi dimenticato, trascurato, ignorato. C’è il grosso peso della responsabilità, oltre a quello del calcestruzzo armato. E viene tutto fuori in queste immagini. Difatti la più evocativa, non a caso, è stata scattata su un altro viadotto. E’ ancora in piedi. Passa sotto al cimitero di Staglieno. L’immensa architettura dell’A12 si staglia sopra le tombe del Campo 57, mentre una bisarca transita in direzione Levante. C’è il tutto e il niente, in uno scatto di trent’anni fa.

Oggi Michele Guyot Bourg, che ha un cognome originario della Savoia ma è genovese doc, ha 88 anni: “Sono un fotoamatore, nel senso che sono un amante della fotografia - racconta - Sono nato a Boccadasse e vivo a San Martino. Nella vita ho lavorato in banca come impiegato. Ma mi sono sempre speso tantissimo per la mia grande passione. Ho fotografato Genova in lungo e in largo, in particolare il borgo di Boccadasse”.

‘Vivere sotto una cupa minaccia’ verrà allestita, nella forma di mostra personale, dal prossimo 8 novembre presso il Municipio IX, in piazza Duca degli Abruzzi a Nervi. Poi, dal 3 al 7 dicembre, ci si sposterà presso l’atrio della Banca d’Italia, in via Dante. “Il ciclo risale agli anni Ottanta e Novanta. Un giorno ero a Quezzi, in attesa del bus. Era una bellissima giornata, ma sentivo quel rumore, come di tuoni. Ho alzato gli occhi, mi trovavo proprio sotto un ponte dell’autostrada e quel rumore scandiva il passaggio dei mezzi pesanti sui giunti. Oggi provo solo dolore. Però è giusto che la gente veda, che capisca. Il mio lavoro non riguarda solo il Ponte Morandi, ma inquadra tutta la città”.

Dove la cupa minaccia rimane. Insieme a quel senso di vuoto che ci portiamo dentro da due mesi.

Alberto Bruzzone

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