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Attualità | 05 marzo 2025, 08:00

"Essere medico", il nuovo libro di Matteo Bassetti: "Nel nostro lavoro l'empatia è tutto"

Il direttore della Clinica di Malattie Infettive: "Sono partito come medico che aveva ricevuto insegnamenti, che non si emozionava e non si doveva emozionare. Ma poi ho capito che non è il migliore esempio"

"Essere medico", il nuovo libro di Matteo Bassetti: "Nel nostro lavoro l'empatia è tutto"

Non ha sepolto la vis polemica, tanto meno gli argomenti scientifici. Ma questa volta ha scelto una strada diversa Matteo Bassetti, infettivologo genovese, direttore della Clinica di malattie infettive del policlinico San Martino di Genova e ormai volto noto, in prima linea nella battaglia al Covid e nelle campagne vaccinali, con fama che da tempo ha scavalcato i confini della sua città e della sua regione, e che da ieri è in libreria con il suo ultimo libro.

Un racconto "che non divide, ma unisce e riconcilia", rispetto ai precedenti di taglio più scientifico, e lo fa partendo da una storia, la sua. Dal lato privato e più emotivo, "che mi ha permesso di vedere la medicina da un altro punto di vista"

"Essere medico", edito da Piemme, è un racconto personale e parte dalla storia di un medico, figlio d'arte, per allargarsi alle sfide di un'intera professione, che si intrecciano con i fatti della vita, umani, familiari, lavorativi, gli aneddoti divertenti ma anche il rapporto con il paziente, il rapporto con il dolore.

"Riassume una parte di me che non si era mai vista - racconta Bassetti - la parte più emotiva del mestiere ma anche quel che riguarda l'essere figlio di genitori che si sono ammalati presto. Aver vissuto due malattie gravissime che mi hanno permesso di vedere la medicina da un altro punto di vista.  Ma è anche la storia di un professionista che arriva quest'anno a trent'anni dalla laurea, presa nel 1995. E anche di un paziente, per quel poco in cui sono stato dall'altra parte a ruoli invertiti. Un vissuto che ha cambiato profondamente il mio essere medico".

C'è un sottotitolo, in copertina, che recita: "Come l'empatia aiuta a guarire". "È anche una riflessione e una critica, costruttiva, al mio settore. Io sono partito come tutti, come medico che aveva ricevuto insegnamenti, che non si emozionava e non si doveva emozionare. Uno da serie tv. Nessuno lo insegna ma il vissuto di questi anni mi ha portato a capire che quello non è l'esempio del miglior medico, tecnicamente puoi essere bravissimo ma non sei completo come medico e come uomo. A cinquant'anni, mi sento professionalmente completo".

Dalle prime esperienze, all'approccio ai pazienti, ai loro familiari. A quando si diceva che un medico nel dare una diagnosi, la peggiore, deve mantenere un distacco e una distanza. Passando per le esperienze personali, il padre Dante, primario anche lui, la scomparsa della madre. "Questo libro nasce da un Matteo diverso - racconta l'autore - mi ha segnato profondamente la malattia di mio padre. Si è ammalato nel 2004, quando gli è stata comunicata la diagnosi è stato considerato un uomo morto, anche lavorativamente. Oggi forse il racconto della malattia, anche in qualche modo quella che si chiama 'spettacolarizzazione', è un atteggiamento che serve a continuare a far vivere la persona. Oltre la diagnosi. A non emarginare il malato".

"Sul rapporto empatico in Italia siamo indietro. Ma si può migliorare, imparare. La strada è ancora lunga, su alleanza terapeutica e sul dualismo medico-paziente, che deve essere anche un dualismo della società. Senza lasciare indietro nessuno". 

Valentina Carosini

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