Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.
C’è stato un tempo in cui l’estate aveva una sola colonna sonora: bastava accendere la radio, entrare in un negozio, camminare per strada per sentirla partire. Un ritornello orecchiabile, una base ballabile, un artista, spesso latino ma non necessariamente, e quel pezzo diventava ovunque. Dalla spiaggia al supermercato, dalla discoteca al video su YouTube. Era la hit dell’estate, e ci si faceva i conti volenti o nolenti: o la amavi, o ti dava fastidio dopo due settimane. Ma restava lì, martellante, a definire un'intera stagione.
Negli ultimi anni, però, qualcosa è cambiato: a guardare l’estate 2025, non c’è un singolo brano che si possa definire veramente “tormentone” nazionale. Nessuna canzone in particolare che abbia superato tutte le altre in popolarità, che abbia saputo mettere d’accordo gusti diversi e generazioni. Non mancano certo i tentativi: ogni anno escono brani scritti e prodotti per diventare la nuova hit estiva, con tutti gli ingredienti classici – ritornelli facili, coretti, videoclip ambientati in location da sogno. Eppure, nessuno sembra davvero imporsi.
Una delle ragioni è probabilmente legata ai cambiamenti del mercato musicale. Oggi le canzoni non vivono più sugli stessi canali. Le radio, un tempo protagoniste nella diffusione dei tormentoni, hanno perso centralità tra i più giovani. Le playlist editoriali su Spotify e Apple Music si aggiornano continuamente. TikTok può far esplodere un brano, ma anche bruciarlo in pochi giorni. L’attenzione è breve, i consumi frammentati, la viralità è istantanea ma spesso effimera.
In questo nuovo contesto, l’idea stessa di “hit estiva” sta cambiando. Non è più (solo) quella canzone che ascoltano tutti, ma quella che ognuno ascolta in loop. È la playlist personale mandata in ripetizione da giugno ad agosto. È quella canzone che non è famosa, ma descrive perfettamente il proprio stato d’animo. È il brano scoperto per caso in un reel o consigliato da un amico, che diventa “la mia estate” anche se non lo conosce nessun altro.
Il consumo musicale si è fatto intimo, emotivo, costruito su misura. Un tempo erano i tormentoni a dettare l’umore dell’estate. Ora è l’umore dell’estate a determinare quali canzoni ascolti. Chi ha bisogno di spensieratezza metterà in coda pezzi leggeri e ballabili. Chi vive un’estate malinconica cercherà testi introspettivi. C’è chi si rifugia nel pop italiano, chi riscopre vecchie hit anni Duemila, chi sceglie indie, rap, metal o reggaeton. Ognuno si costruisce la propria atmosfera sonora, spesso diversa da quella degli altri.
Questo non significa che i tormentoni siano scomparsi del tutto. Ci sono brani che si fanno notare, che riescono a emergere anche solo per qualche settimana. Alcuni riescono ancora ad attraversare le bolle e diventare collettivi. Ma il modo in cui ci si relaziona a queste canzoni è cambiato: meno passivo, più attivo. Meno imposto, più scelto.
La musica dell’estate, insomma, non è più una sola. È una per ciascuno. Una playlist fatta di canzoni che non devono per forza avere il beat giusto o la collaborazione perfetta, ma che diventano significative perché accompagnano momenti specifici: una sera in macchina, un viaggio con gli amici, una notte insonne. E quando, tra qualche anno, si riascolteranno quei pezzi, ci si ricorderà di questa estate – anche senza un tormentone condiviso da tutti.
Forse, allora, le hit estive esistono ancora, ma non nel modo in cui le conoscevamo. Sono più silenziose, più personali, meno rumorose. E proprio per questo, magari, ancora più vere.














