Ogni domenica 'La Voce di Genova', grazie alla rubrica ‘Gen Z - Il mondo dei giovani’, offre uno sguardo sul mondo dei ragazzi e delle ragazze di oggi. L'autrice è Martina Colladon, laureata in Scienze della Comunicazione, che cercherà, settimana dopo settimana, di raccontare le mode, le difficoltà, le speranze e i progetti di chi è nato a cavallo del nuovo millennio.
Molti di noi sono cresciuti ascoltando i racconti dei nonni o dei bisnonni, a volte persino dei genitori, che per lunghi periodi hanno vissuto lontani dalla persona amata. Le ragioni erano diverse: la guerra, il lavoro in un’altra città, l’emigrazione.
Eppure, nonostante la distanza e la scarsità dei mezzi, le storie riuscivano ad andare avanti. Il filo che li teneva uniti erano le lettere, custodite come tesori, o le rare telefonate che scandivano il tempo dell’attesa. La lontananza era fatta di silenzi lunghi, di pazienza, di immaginazione.
Oggi, nell’era della connessione continua, le cose sembrano radicalmente diverse. Abbiamo a disposizione chiamate, messaggi istantanei, videochiamate, app per condividere la posizione in tempo reale, social network per postare ogni momento della giornata. È possibile sentirsi, vedersi, scriversi in ogni momento, in qualsiasi parte del mondo. Eppure, la domanda resta: siamo davvero più vicini?
La tecnologia ha reso l’amore a distanza più sopportabile, ma anche più fragile. Da un lato, i tempi di attesa si sono accorciati, la nostalgia trova subito una valvola di sfogo, i chilometri sembrano ridursi dietro a uno schermo. Dall’altro, proprio questa continua possibilità di contatto genera aspettative nuove: rispondere subito, essere sempre disponibili, dimostrare costantemente attenzione. E quando l’altro non c’è, la mancanza può sembrare ancora più forte, perché il confronto con l’immediatezza di una notifica è spietato.
Forse il punto è che, nonostante i mezzi a disposizione, la distanza rimane. Non basta un video in alta definizione per sostituire la presenza, non bastano le parole scritte di fretta su WhatsApp per colmare il bisogno di uno sguardo reale, di un abbraccio. La verità è che l’amore a distanza non è né più facile né più difficile di un tempo: è diverso.
Prima si basava sulla pazienza e sulla fiducia, oggi sulla costanza e sulla capacità di trovare equilibrio tra vicinanza virtuale e lontananza reale. E allora, più che chiedersi se l’amore a distanza possa funzionare, la domanda diventa: come siamo disposti a viverlo?Ci vuole creatività, la capacità di trasformare uno schermo in un ponte e non in un muro. Ci vuole fiducia, la stessa che avevano le generazioni passate, seppur declinata in un contesto nuovo. Ci vuole la volontà di resistere anche quando la distanza sembra più grande della connessione che ci tiene uniti.
In un mondo che corre veloce, in cui tutto deve essere subito, forse la vera sfida dell’amore a distanza non è la lontananza, ma l’attesa. Ed è proprio lì, nel saperla reggere, che si misura la forza di un legame. Perché nessuna tecnologia, per quantoavanzata, potrà mai cancellare del tutto quel vuoto che solo un abbraccio reale sa colmare.














