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Attualità | 18 novembre 2025, 08:00

Buone Azioni - ‘Clown al Volo’, i volontari del sorriso che portano leggerezza dove serve di più

Un gruppo nato subito dopo la pandemia trasforma il sorriso in un ponte tra emozioni, ascolto e umanità: "Non servono abilità straordinarie: il bello del clown sta anche nell'errore"

Ogni martedì uno spazio per raccontare l’impegno, le storie e i volti di chi, ogni giorno, si mette al servizio degli altri: con la nuova rubrica 'Buone Azioni', vogliamo dare voce alle associazioni, alle cooperative sociali, ai gruppi di volontari e a tutti coloro che costruiscono solidarietà sul territorio, spesso lontano dai riflettori ma con un impatto concreto nella vita delle persone. La rubrica sarà un viaggio settimanale nel cuore del Terzo Settore, per conoscere chi fa la differenza e capire come ciascuno può contribuire, anche con un piccolo gesto.

Calore e sorriso: sono questi gli elementi imprescindibili su cui si fonda l’associazione Clown al Volo. Di questo ci si rende conto appena varcata la soglia, poco distante dal Mercato di corso Sardegna: qui si respira immediatamente lo spirito che tiene uniti i volontari di questa piccola, ma enorme realtà, nata nel febbraio 2022 dalla passione un gruppo di volontari che non voleva arrendersi al silenzio imposto dal Covid. “Arrivavamo da un’altra realtà che si era un po’ fermata durante la pandemia”, racconta Alba Cavallo, presidente dell’associazione. “Noi scalpitavamo, avevamo bisogno di ripartire, e così abbiamo deciso di fondare la nostra associazione… al volo. Da lì il nome".

Trasformare la figura del clown ospedaliero in un clown sociale, capace di adattarsi ai contesti più diversi, dall’ospedale alla piazza, dalla casa di riposo al carcere, è lo spirito con cui i volontari affrontano la loro attività: “Portiamo leggerezza, un sorriso e un aiuto, nulla di più e nulla di meno. Come ci insegna uno dei nostri formatori, dobbiamo stare con quello che c’è, senza inventarci nulla di strano”, spiega Daniela, conosciuta da tutti con il suo nome clown, Mirtilla. Nel gruppo i nomi veri quasi si dimenticano: “Dopo un po’ non ti ricordi più i nomi ‘babbani’, quelli veri”, scherza. È parte del gioco, ma anche del modo in cui ci si immerge completamente in questo ruolo.

Oggi l’associazione conta circa trenta membri attivi, la maggior parte donne, con un’età media intorno ai quarant’anni: “Ci sono anche maschietti molto validi”, precisano sorridendo. C’è chi ha appena vent’anni, come Molla, la più giovane, e chi, dopo un tirocinio universitario, ha scelto di restare. Tra le ultime arrivate anche una carabiniera che ha deciso di dedicare parte del suo tempo libero a questo impegno. “Per fare il clown non servono doti teatrali o grande spigliatezza. Il clown bello è quello che sbaglia. Basta avere tempo, cuore e un po’ di intelligenza emotiva. La paura di entrare in ospedale o in stanza si può superare, ma la disponibilità deve esserci”, spiega Alba.

Clown al Volo opera in RSA, ospedali (hanno una convenzione con l’ospedale in Galliera), fattorie didattiche, eventi di quartiere e perfino in carcere. “L’esperienza in carcere è stata una delle più belle: portare respiro e leggerezza in un luogo dove il dolore è palpabile è qualcosa che non si dimentica”.

Tra le iniziative recenti c’è anche la corsa per l’Alzheimer, alla quale hanno partecipato vestiti da clown. “È stata un’iniziativa nostra, per sensibilizzare, e ci ha permesso di entrare in contatto con una nuova struttura che si occupa proprio di Alzheimer”, spiegano. Molte collaborazioni nascono dal passaparola o dall’iniziativa dei clown stessi. “Spesso siamo noi a proporci, altre volte ci chiamano. E ogni volta è diverso”.
 
 

Il presupposto è uno: il clown non è un intrattenitore, ma un ponte. “Un ponte che porta dentro alle strutture un po’ del mondo fuori e porta fuori un po’ del mondo dentro”, raccontano. Nessuno viene visto come “malato” o “paziente”: “Vediamo le persone, non le malattie. È importante non farsi coinvolgere troppo emotivamente, perché se cadi nella compassione non riesci più a essere d’aiuto”.

Durante gli interventi in RSA, i clown entrano spesso con la musica dei tempi degli anziani e con palloncini, che diventano uno strumento terapeutico: “Spinge la persona a muovere il braccio o la gamba, anche se fa male, pur di non farlo cadere. È un contatto fisico, ma anche visivo e affettivo”. Per i bambini spaventati dai clown, invece, la regola è rispetto: “Ci avviciniamo piano, togliamo il naso se serve. Se continuano a piangere, li lasciamo tranquilli. Poi spesso li vediamo tornare da soli, dopo aver osservato gli altri ridere”. Nei servizi non si usano trucchi pesanti o parrucche: “Siamo molto umani, vogliamo che si veda la persona dietro la maschera”.

Il gruppo si allena tre volte al mese nella sede ottenuta tramite un bando del demanio, dove si incontrano, si preparano e conservano il materiale. “Prima ci trovavamo in una saletta di una chiesa. Avere una sede tutta nostra è stato un passo enorme." Gli allenamenti servono per creare sinergia, ascolto e contatto visivo, fondamentali nei servizi. “Lo sguardo è tutto. Non perderlo mai significa restare connessi non solo con gli occhi, ma con tutti i sensi”, spiegano.

Tra gli esercizi più simbolici c’è lo ‘zatterare’: “Simuliamo di essere su una zattera che non deve affondare. Dobbiamo guardarci, coprire gli spazi, essere sempre in contatto. È la stessa cosa che succede durante i servizi.”

Clown al Volo si avvale di due formatori. Il primo è il dottor Pelosone, clown del Gaslini e membro della Fondazione Teodora, che lavora sulla clown therapy e sulla dimensione interiore. “Ci fa fare esercizi profondi, come scrivere una lettera a un bambino sconosciuto partendo da una sua foto. Ti obbliga a guardarti dentro e a capire cosa provi davvero”. Il secondo è Francesco Tonti, detto Checco, direttore artistico e clown teatrale del gruppo “Pazzi Camerieri”. Con lui si lavora sulla parte artistica e performativa: improvvisazione, ritmo, e soprattutto la dinamica tra i due archetipi classici, il Clown Bianco, perfetto e razionale, e il Clown Augusto, ingenuo e sempre in errore. “Nei servizi si alternano, e lasciarsi trasportare dall’altro è ciò che fa funzionare tutto”.

Fin dalla nascita, l’associazione sostiene un progetto internazionale in Madagascar, grazie alla collaborazione con il professor Mauro Ercolani, che opera bambini in un ospedale locale. Con le loro raccolte fondi, i clown sono riusciti a portare acqua potabile a quell’ospedale e a costruire un dormitorio dove 35 bambini possono dormire, mangiare e studiare senza dover affrontare pericolosi tragitti giornalieri. “Riceviamo foto e video dall’ostetrica Simonetto che lavora lì. È bellissimo vedere i loro volti felici. Ora stiamo raccogliendo fondi per coprire le spese quotidiane e sogniamo di poter andare giù la prossima primavera”.

Nonostante la passione, non mancano le difficoltà. “Siamo pochi. Se fossimo di più, potremmo fare molti più servizi”, spiegano. L’associazione si autofinanzia, non chiede compensi fissi ma accetta offerte. “Facciamo fatica a chiedere soldi perché abbiamo paura di svilire il nostro lavoro, ma è necessario per sostenere le attività”.

Per raccogliere fondi, i clown realizzano artigianalmente oggetti: segnalibri, quadretti, storie con i sassi, e a volte organizzano mercatini e feste di compleanno o eventi, che però tolgono tempo ed energie.

Ogni mese, un sabato, Clown al Volo anima il Mercato di corso Sardegna. “Facciamo balli di gruppo, la camminata clown, giochi classici come il fazzoletto o la patata col cucchiaio. A seconda del periodo, cambiamo tema: Halloween, Natale, Pasqua…” 

Poco prima di salutarci, arriva in sede un altro dei volontari, Giorgio, che ha scelto il nome Idrico ed è il clown più antico del gruppo. “Ho iniziato questa esperienza nel 2008, e ho portato il mio clown anche fuori dall’Italia, in Bosnia: lì ho capito davvero il significato del clown di corsia e del clown esterno. Ho visto gli effetti di una guerra, cose che non avevo mai immaginato. Abbiamo lavorato in ospedali psichiatrici dove vedi ciò che un conflitto lascia dietro”.  Queste esperienze gli hanno dato un senso profondo del ruolo del clown: “Ho sempre sperato di portare qualcosa, un aiuto. Ma quello che portiamo via noi è tanto: pensieri, desideri, occhi. È un libro di umanità che ti porti dietro”.

Chi fa parte di Clown al Volo, infatti, sa che il volontariato è anche crescita personale. “Ci portiamo a casa quello che ci trasmettono con gli occhi. È un arricchimento continuo, un modo per riscoprire la parte bambina e creativa che spesso si perde da adulti”. E poi ci sono momenti che restano impressi. “Quando un anziano catatonico si muove per non far cadere un palloncino, o un bambino spaventato ti tende la mano… capisci che tutto il resto non conta”. 

Chiara Orsetti

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