Uno stile comunicativo contemporaneo, sempre aperto all'ascolto di tutti e di tutte, un Pontefice che ha saputo adattarsi ai tempi e che ha saputo avvicinare i laici, cercando anche di fare del Vaticano un luogo meno 'curiale': era questo Papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, che ieri lunedì 21 aprile ci ha lasciato alle 7.35 a causa, probabilmente, di un ictus.
"Ognuno poteva parlare liberamente con lui, facendogli domande all'impronta, nonostante i rischi del rispondere a domande non precofenzionate, essendo che tutto quello che dice il Papa è magistero, quindi non è ammesso l'errore": così afferma lo storico vaticanista di Repubblica Marco Ansando, legato da tantissimi ricordi con Papa Francesco, trascorsi sovente lungo viaggi in aereo.
"Sono davvero tantissimi, perché io avevo già seguito i pontificati Wojtyła e da vicino, proprio dalla tecanista ufficiale di Repubblica. Anche per l'attentato al Papa, che gli fece Ali Agca: essendo principalmente un esperto di Turchia, quello è un dossier che avevo seguito da vicinissimo per trent'anni - ricorda -. Poi, ho seguito gli ultimi tre anni di Papa Ratzinger, anni interessanti perché poi è scoppiato tutto lo scandalo della pedofilia, la questione dei corvi in vaticano, le dimissioni clamorose, un conclave senza vara, e poi è arrivato Francesco".
Tra i ricordi, centrali quelli dei tanti viaggi trascorsi, che hanno segnato un netto cambiamento rispetto a tutti i precedenti: "Mentre prima i viaggi erano molto rigidi, molto contingentati, dove ognuno stava seduto al proprio posto e le domande si mandavano giorni prima e il Papa rispondeva in aereo, con Bergoglio abbiamo trovato sul volo i posti completamente liberi, dove ognuno poteva parlare liberamente con lui facendogli delle domande all'impronta. Tu andavi di fronte al Papa, gli parlavi, e lui ascoltava e rispondeva a qualsiasi domanda che i settanta vaticanisti ammessi di tutti i gruppi internazionali gli potevano fare", racconta Ansaldo.
Fin da subito, quindi, i vaticanisti hanno compreso la diversità di Papa Francesco rispetto ai precedenti: "Di solito i viaggi erano molto festosi perché gli si poteva parlare liberamente, lui salutava tutti i vaticanisti uno per uno e si poteva intrattenere con ognuno per un'ora, a tu per tu, con il Papa. Sono viaggi di solito sempre molto interessanti - afferma -. In occasione del viaggio a Bangui, capitale Centrafricana, c'è stata una grande tensione perché si capiva che poteva accadere qualche cosa all'incolumità del Pontefice, ma alla fine invece è stato un viaggio che si risolse in una tregua che durò non soltanto in quei giorni in cui il Papa era in viaggio, ma per molto tempo tra varie fazioni che erano in guerra tra loro".
E poi, anche il ricordo fuori dai viaggi aerei che ha visto Ansaldo come tramite fra Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, il precedente direttore di Ansaldo, e il nuovo Papa Francesco: "Ricordo che lì ci fu un vero e proprio scambio epistolare, di interviste che il fondatore di Repubblica fece per tanto tempo, per tutti quegli anni di inizio pontificato, direttamente con il Pontefice - afferma Ansando -. Il mio ruolo era interessante perché sentivo da un lato il mio vecchio direttore che mi chiedeva impressioni sulla Chiesa, il pontificato, le dinamiche internazionali, mentre dall'altra sentivo il Pontefice che mi chiedeva sempre di quello che chiamava come il suo 'amico Eugenio Scalfari', quindi mi chiedeva della salute, di come andassero le cose. Devo dire che sono stati anni molto intensi".
Molti lo hanno definito come il Papa 'rivoluzionario', e su questo Ansaldo chiarisce fin da subito che fu proprio Scalfari a parlarne di questo suo aspetto: "Io evito di esprimere un mio giudizio personale a riguardo perché so benissimo che fra gli osservatori all'interno ci sono quelli che lo considerano sì un Papa che ha portato molte novità, ma altri invece che sono molto scettici su quello che lui ha fatto, e propendono invece per il ritorno a un Papato come è stato quello precedente, come quello sicuramente più conservatore di Papa Ratzinger, di Benedetto XVI", racconta.
Certamente c'è stata "una maggiore apertura nella Chiesa perché Francesco ha cercato di portare avanti molte riforme, sia cercando di laicizzare, di portare molti più laici, sia di fare del Vaticano un luogo meno curiale ma anche di portare anche molte donne - precisa il vaticanista -. Oggi ci sono diverse suore che sono a capi di Dicasteri in Vaticano e quindi delle riforme Papa Francesco le ha provate a fare e le ha fatte. Certo non è riuscito forse nel suo intento di rivoluzionare completamente le cose perché a un certo punto si è trovato frenato, forse da spinte interne alla Chiesa, o forse anche perché ha visto che la sua opera, che nel suo intento era rivoluzionaria, più di tanto non poteva andare. Quindi sicuramente nei primi anni ha cercato di imprimere una svolta nella Chiesa che però si è trovato a dover frenare, e questo l'abbiamo visto anche in una crisi dirompente come quella della guerra in Ucraina, dove lui ha cercato per molte volte di mediare, ma al tempo stesso sono stati gli stessi ucraini che hanno avuto dei dissapore con lui perché Francesco non ha mai condannato apertamente la Russia di Putin e da un punto di vista geopolitico questo è comprensibile: il Vaticano da decenni cerca di portare un Papa a Mosca per un dialogo che sarebbe storico, e se lui avesse fatto un'azione di condanna, tutta l'azione diplomatica del Vaticano sarebbe dissolta, sarebbe crollata. Ecco perché su tanti dossier lui non è riuscito ad andare fino in fondo quindi anche lì la pace lui non è riuscito a portarla nonostante le dieci missioni diverse che il Cardinale Krajewski ha compiuto a Kiev".
Oggi la domanda che molti si pongono è che tipo di direzione prenderà la Chiesa in virtù del bagaglio contemporaneo che Papa Francesco ha lasciato e, su questo, Ansaldo chiarisce fin da subito che, considerando la situazione geopolitica attuale, sulla nomina del nuovo Papa che si profilerà "sarà una battaglia vera e propria all'interno del Vaticano fra spinte diverse perché ci saranno ovviamente i Riformisti, che sono tanti e che sono i cardinali che oggi sono la maggior parte perché creati durante il pontificato di Bergoglio, ma ci sono i Conservatori che certamente saranno agguerriti e vorranno ritorno a una Chiesa più tradizionalista", chiarisce.
Però, c'è anche da considerare sicuramente il ritorno degli italiani perché "dopo quasi cinquanta anni in cui la Chiesa è in mano a papi stranieri, e sottolineo che Bergoglio è l'unico papa straniero a non essere mai rientrato in patria, adesso gli italiani tornano fortemente, quindi sicuramente ci sarà una spinta per un ritorno a un papato italiano e secondo me la tendenza geopolitica sarà quella di riportare il baricentro, dopo che si era spostato in America Latina, in Europa perché non ci sono attualmente, a meno di sorprese, cardinali di grosso calibro né in Asia né in Africa. Vedremo quale sarà il papa che lo Spirito Santo deciderà nella Cappella Sistina e sarà un momento, anche questo, interessantissimo che il mondo vivrà a breve", afferma il Vaticanista.
Per quanto concerne, invece, i nomi degli eventuali successori, bisogna fare delle considerazioni tra Riformisti e Conservatori: "Se ci sarà una scelta che virerà su un Papa conservatore, la scelta è tra il tedesco Müller oppure l'americano Dolan, che fu invece un grande kingmaker di Bergoglio, ma poi Bergoglio scappò di mano agli americani ma che poi si è rivelato trumpiano, oppure ci possono essere delle sorprese perché c'è il cardinale del Congo Ambongo, ma anche il Cardinale di Myanmar della Birmania Bo, con una chiesa che virerà su ambienti e atmosfere più tradizionali rispetto all'aria che abbiamo vissuto negli ultimi dodici anni - chiarisce -. Se invece ci sarà un cardinale riformista lì la scelta è ampia perché si va dall'italiano Zuppi, il cardinale di Bologna, a Pizzaballa, il Cardinale di Gerusalemme che ha in mano il dossier sul Medio Oriente, fino ad arrivare al Cardinale Guggerotti che è il Prefetto per le chiese orientali, e che ha in mano tutto il dossier ucraino russo. Ma fra i nomi che circolano anche il giovane Cardinale italiano che sta in Mongolia che è Marengo: sono tutti nomi spendibili forti. Però, se dovessimo trovare una mediazione in tutto questo il cardinale che potrebbe esprimere una forza che non sia una forza temporanea ma di sostanza che possa durare diversi anni poi potrebbe essere Pietro Parolin, il segretario di Stato, che potrebbe trovare una sintesi fra le diverse spinte".